“Viaggio nell’8 per mille alla Chiesa cattolica”: in un libro, 20 anni di spot a sostegno
dei valori cristiani
“Viaggio nell’8 per mille alla Chiesa cattolica”: è il titolo del libro edito da Monti,
a 20 anni dall’avvio del sistema di sostentamento economico diretto dei cittadini
italiani alle attività ecclesiali, attraverso lo strumento fiscale. Un’occasione dunque
di bilancio e riflessione. Roberta Gisotti ha intervistato la professoressa
Simonetta Blasi, un passato da pubblicitaria, docente di comunicazione alla
Pontifica Università Salesiana e alla Lumsa, autrice del volume insieme a suor Marie
Gannon, esperta di statistica già docente alla Pontificia Università Salesiana e all’Auxilium:
D. – Professoressa
Blasi, una laica e una religiosa in questo viaggio che marca i rapporti recenti tra
Chiesa cattolica e Stato italiano: qual è stato il vostro obiettivo di ricerca? R.
– E’ stato quello di indagare in quale modo fosse concepita la strategia di comunicazione
che per la prima volta la Chiesa cattolica doveva affrontare per comunicare a grandi
fasce di pubblico l’evoluzione del sostentamento economico con l’8 per mille dell’Irpef.
Questa è una situazione in cui la Chiesa doveva avere un esordio massmediatico e la
scelta fu fatta appunto per gli spot. Quindi, una formula pubblicitaria classica;
l’obiettivo è stato quello di capire come nel tempo questa strategia pubblicitaria
si sia evoluta e a quali risultati abbia poi progressivamente portato. D.
– Che cosa è emerso dall’analisi degli spot? R. – Sono 93 quelli
presi in considerazione. Si è notata una profonda evoluzione da un primo approccio
di presentazione della stessa Chiesa cattolica, riferendosi ai valori tradizionali
della Chiesa stessa, a una comunicazione più orientata alla documentazione delle opere.
D. – Possiamo dire che attraverso le campagne, la Chiesa si
è presentata ai suoi fedeli ma anche a tutto il Paese? R. –
Assolutamente sì! Questo era l’obiettivo primario che in qualche modo ha visto, attraverso
l’evoluzione di questi spot, una presentazione della sua anima più nobile, che è quella
della solidarietà verso i poveri, verso gli ultimi, cioè i veri protagonisti, i veri
destinatari delle opere di bene, soprattutto degli ultimi dieci anni della programmazione
pubblicitaria. D. – La Chiesa, attraverso queste campagne, ha
raccolto la sfida di misurarsi con i media e con la sensibilità del pubblico verso
i media … R. – La scelta non è stata facile, se noi pensiamo
agli anni di esordio – 1990 – e se pensiamo anche al timore, la premura di affrontare
attraverso i mass-media, attraverso una formula che è quella dello spot pubblicitario,
classicamente intesa in senso commerciale: quella di comunicare se stessa e quindi,
inevitabilmente, anche il messaggio evangelico. Non è stata una sfida semplice per
la Chiesa, perché uno degli aspetti interessanti emersi dalla ricerca è proprio questa
volontà di far convergere una informazione con una comunicazione dei valori solidali,
fondamentali della Chiesa; che poi è un messaggio di amore per gli ultimi testimoniato
– appunto – dalle opere. D. – Alla fine del viaggio, dunque,
quale bilancio? R. – Un bilancio per me e per la mia coautrice
suor Marie Gannon molto interessante e positivo, per il fatto che davvero la Chiesa
– anche se non unica – è una delle poche, credibili emittenti che possa comunicare
valori di auto-trascendenza, di benevolenza e di universalismo. E questo è documentato
ampiamente dai risultati della ricerca. Quindi, un risultato positivo che è anche
positivamente correlato al consenso che si progressivamente fatto sentire.