Un tempo da vivere insieme con Gesù: sulle parole del Papa per la Quaresima, la
riflessione del teologo Pierangelo Sequeri
“Un tempo di ‘agonismo’ spirituale da vivere insieme con Gesù”, usando “le armi della
fede, cioè la preghiera, l’ascolto della Parola di Dio e la penitenza”: così, Benedetto
XVI, ha definito ieri all’Angelus il tempo forte della Quaresima. Un periodo, aveva
già sottolineato durante l’udienza generale nel Mercoledì delle Ceneri, che ci offre
un’occasione propizia per convertirci e andare controcorrente. Su come vivere questo
percorso di fede che ci conduce alla Pasqua, Fabio Colagrande ha intervistato
mons. Pierangelo Sequeri, vicepreside della Facoltà Teologica dell’Italia
Settentrionale:
R. – Un tempo
che mette a tema una radice della vita cristiana e tuttavia ha qui una particolare
concentrazione. Per entrare in questa concentrazione bisogna portare se stessi, anzitutto,
davanti al Signore, perché semplicemente se ci si attende da questo tempo una qualche
magia, la magia non ha corso qui. Se invece si porta tutto di se stessi, allora il
Signore cambia il cuore e questa concentrazione diventa per così dire capace di irradiarsi
sulla vita. Porta se stesso davanti al Signore, fa il primo lavoro della Quaresima
e il primo passo della conversione.
D. – Il Papa
ha detto anche che non siamo soli, perché la Chiesa ci accompagna e ci sostiene in
questo cammino...
R. – Questa dimensione mi sembra
particolarmente importante oggi: rinnovare il carattere vivo di questa percezione,
dei legami di Chiesa in tutto il mondo. Ci sono persone nel mondo che segnano il loro
spirito con la Quaresima in condizioni già difficili: molto dispersi, alcuni devono
provvedere a se stessi, si sentono persino minacciati nel loro legame con il Signore.
Ecco, avere la sensazione che noi tutti siamo parte di questo e facciamo la nostra
parte, questo sostiene anche loro nel nostro piccolo, ma da tutti loro siamo sostenuti.
Questa è una specie di rete grandiosa che lo Spirito della Quaresima apre. Quindi,
c’è una concentrazione, ma anche una dilatazione dello Spirito cristiano, che qui
viene a contatto proprio con l’essenza elementare della comunione. Tutti, insieme,
nei nostri legami della fede, ci presentiamo davanti al Signore e questo avviene in
tutto il mondo, perché appunto questa è la Chiesa.
D.
– Il Papa ha ricordato che la conversione deve essere qualcosa di radicale. Ha parlato
di mediocrità morale, ma ha anche detto che convertirsi non significa compiere una
semplice decisione morale, ma c’è qualcosa di più, è una scelta di fede. Cosa implica
questa differenza?
R. – La differenza è che non si
fanno semplicemente dei propositi sul comportamento, ma si prende per così dire una
decisione su ciò che si è, su ciò che si vuole essere. E l’umiltà con la quale si
prende questa decisione - perché il primo passo è riconoscere che non ne siamo all’altezza
e per questo ci mettiamo davanti a Dio - ha come corrispettivo una cosa, secondo me,
grandiosa: il Papa che parla della corrente, resistere alla corrente. Io a quel punto
non fuggo, non volgo le spalle, non mi lascio portare dalla corrente che mi spinge
da dietro, ma mi giro e la fronteggio. L’umiltà cristiana conquistata nella Quaresima
significa che nessuno mi può togliere niente, perché quello che io ho lo consegno
al Signore, significa anche rivolgersi ed essere capaci di fronteggiare la corrente.
E nella nostra semplicità, con l’aiuto del Signore, rinnovare questo gesto è particolarmente
vitale, perché se tutti volgiamo le spalle alla corrente anonima che ci spinge, tutti
siamo ugualmente perduti e senza meta. Se qualcuno si gira, si converte, a fronteggiarla,
c’è speranza per quelli che sono portati, loro malgrado travolti.(Montaggio
a cura di Maria Brigini)