2010-02-21 15:56:27

Diocesi di Napoli, convegno e giornata di preghiera sul tema: "Il carcere, problema di tutti"


Centralità della persona, recupero e reinserimento. Sono i cardini del convegno, che si chiude oggi: “Il carcere, problema di tutti”, organizzato dalla diocesi di Napoli. Due giorni di lavori per fare il punto sulla pastorale penitenziaria e sulla situazione degli istituti di detenzione. Massimiliano Menichetti ha intervistato don Franco Esposito, direttore della Pastorale carceraria e cappellano del carcere napoletano di Poggioreale:RealAudioMP3

R. – La tematica che abbiamo scelto quest’anno – “Il carcere, problema di tutti” – vuole essere una sollecitazione per quanto riguarda sia la comunità civile, ma soprattutto la comunità ecclesiale. Perché – ci siamo detti – la Chiesa, proprio per sua natura, è una comunità di amore. Tutta la sua missione consiste nell’annunciare questo amore di Dio.

 
D. – Come si spezza questo portare il pane per lo spirito in un carcere?

 
R. – Anzitutto, stando accanto a chi è nel carcere. Le problematiche del sovraffollamento, anche le problematiche dei suicidi, dell’autolesionismo noi le viviamo quotidianamente. Questa sofferenza cerchiamo di condividerla. Con i volontari facciamo proprio un cammino di fede. A Poggioreale ci sono circa dieci padiglioni con gruppi di catechesi che vanno dai 10, 15 anche 20 partecipanti per gruppo: significa che veramente c’è sete di qualcosa di pulito, di nuovo …

 
D. – Nel convegno avete anche presentato percorsi per quei detenuti che decidono di cambiare strada: di cosa si tratta?

 
R. – Anche attraverso cooperative, diamo la possibilità di un minimo di lavoro a otto ex-detenuti. Il numero è esiguo, però diventa un segno ed una denuncia per le istituzioni che invece dovrebbero intervenire. Noi ci rendiamo conto che a volte anche con un minimo mensile – perché loro non ricevono più di 500 euro al mese – riescono poi a tagliare i legami con la criminalità, con la camorra… Buona parte dei detenuti è legata alla camorra perché la camorra, quando uno va in carcere, gli paga l’avvocato, aiuta la famiglia settimanalmente… Noi abbiamo proposto alle parrocchie di adottare un detenuto in modo che quando qualcuno entra in carcere, ci sia una parrocchia pronta a sostenere le spese per l’avvocato e la famiglia. Si deve fare in modo che poi dopo questa persona non si trovi in debito con la criminalità e, quindi, costretta a continuare su quella strada.

 
D. – Ribadite: dobbiamo darci da fare affinché il carcere diventi un luogo di reinserimento e non un luogo di abbandono …

 
R. – L’articolo 27 della Costituzione dice che il carcere deve essere rieducativo e deve servire per il reinserimento. Questo è quello che dovrà diventare il carcere. Ma questo lo si può ottenere non aspettandosi che le istituzioni si convertano, se non c’è un'opinione pubblica. E credo che la Chiesa, in questo, abbia molto da fare.







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