Festival di Berlino: la giuria si confronta sulle ultime pellicole in gara
In attesa dei verdetti delle varie giurie che sanciranno i vincitori di questa 60.ma
edizione, il Festival di Berlino ha presentato gli ultimi film in competizione. Se
deludono fortemente la rievocazione di uno dei più controversi film nazisti, "Suss
l'erbeo", compiuta dal tedesco Oscar Roehler e "The killer inside me" di Michael Winterbottom,
thriller violentissimo e malsano, risultano interessanti "En familie" di Pernille
Fischer Christensen, storia dei dubbi di una ragazza chiamata a scegliere fra le aspirazioni
professionali e i doveri familiari, "Mammuth" di Benoit Delépine e Gustave de Kevern,
commedia dell’assurdo dominata dall’interpretazione di Gérard Depardieu, e "Otouto"
di Yoji Yamada, melodramma in cui il privato e il pubblico del Giappone si intersecano
con risultati commoventi. Al di là di questi titoli, gli ultimi giorni del Festival
hanno tuttavia rivelato tre film sorprendenti, "How I ended this summer" del russo
Alexei Popogrebsky, "Rompecabezas" dell’argentina Natalia Smirnoff e "Na putu" della
bosniaca Jasmila Zbanic. Ambientato in una base scientifica oltre i confini del Circolo
Polare Artico, il film russo mette in scena un dramma al contempo psicologico e generazionale,
con due personaggi che si confrontano sui modi e i tempi della vita. Centrato su scarni
dialoghi, su recitazioni fisiche e su una presenza visiva e sonora ambientale molto
forte, "How I ended this summer", nonostante la sua lunghezza, tiene incollati allo
schermo, attratti dal sorgere delle emozioni sullo sfondo di un paesaggio di desolata
bellezza. Nel film russo, la macchina da presa inscrive i corpi degli attori nello
spazio che li circonda. Compie invece un’operazione inversa "Rompecabezas" che bracca
gli attori riempiendo dei loro corpi l’intera inquadratura. La vicinanza intende esplorare
nei dettagli dei gesti e degli sguardi la trasformazione di un brutto anatroccolo
in cigno, ovvero l’emancipazione di una casalinga attraverso la passione per i puzzle.
Fatto di straordinari momenti in cui la macchina da presa sembra essere capace di
cogliere il respiro dei corpi, "Rompecabezas" rivela la mano sicura di una cineasta
che farà parlare di sé. È invece già un’artista affermata Jasmila Sbanic, che racconta
con accenti commossi e sinceri la confusione dei corpi e delle menti di una generazione
traumatizzata dalla guerra. I due protagonisti di "Na putu", una coppia in preda alla
febbre di vivere che si strazia nell’attesa di un figlio che non viene, sono alla
ricerca di una strada (il cammino cui allude il titolo) che li guidi al loro posto
nel mondo. Lui sceglie la disciplina dell’Islam di più stretta osservanza, lei la
laicità di un consumismo edonista. Il dolore li separa e lo sguardo senza risposte
su cui si chiude il film ci lascia ai dubbi di una domanda che travalica i confini
della Bosnia e risuona a lungo nella nostra coscienza di spettatori. (Da Berlino,
Luciano Barisone)