2010-02-19 15:11:55

In arrivo sul grande schermo "Invictus" di Clint Eastwood


Un momento decisivo nella storia del Sudafrica del dopo-apartheid fu quello vissuto il 24 giugno 1995 sugli spalti dell’Ellis Park Stadium di Johannesburg nel corso della partita finale del Campionato mondiale di rugby, in cui vinse la squadra sudafricana. Clint Eastwood ricostruisce nel film “Invictus” con grande intensità quegli incredibili avvenimenti, sui quali si staglia la figura di Nelson Mandela, il presidente che è stato il fautore della riconciliazione nazionale. Il film, presentato ieri sera in anteprima, arriverà sugli schermi in Italia venerdì prossimo. Il servizio di Luca Pellegrini.RealAudioMP3

(trailer: "Anche il perdono incomincia qui. Il perdono libera l'anima, cancella la paura. Ecco perché è tanto potente, come arma!)

 
Ricostruire una nazione dal passato “sconcio” puntando sul coraggio incisivo del perdono e la forza propulsiva dell’ispirazione. Questi sentimenti sono le leve sulle quali Nelson Mandela ha fatto forza per sottrarre il suo Paese dal baratro, ricostruirlo socialmente e politicamente, dargli un possibile futuro di coesistenza e coabitazione tra etnia bianca e nera. E il cinema morale di Clint Eastwood, in un momento particolarmente teso della politica mondiale, così densa di proclami belligeranti e intolleranti, non ne poteva dimenticare l’impatto propedeutico, la necessità storica, il dovere del ricordo. Così, per non raccontare direttamente gli avvenimenti sudafricani dei primi anni Novanta che hanno visto nascere la cosiddetta “nazione arcobaleno” e rendere contemporaneamente doveroso omaggio a un protagonista della scena mondiale, Mandela appunto, ha preso come pretesto l'indimenticabile partita di rugby disputata nella finale dei Campionati Mondiali del ’95, nel corso della quale la vittoriosa squadra degli Springboks capitanata da Francois Pienaar – nel film Matt Damon in gran forma - simbolo dell’apartheid che fu, diventa il veicolo per una collettiva pacificazione e la riconquistata unità nazionale. Un miracolo ciò che accadde allora, come sempre raccontato con afflato quasi umanistico e disposizione umile da Eastwood, cifra stilistica e cinematografica con la quale cerca la verità, caricando sulle spalle del bravissimo Morgan Freeman, personalmente scelto da Mandela, la responsabilità di interpretarlo con il massimo della verosimiglianza.

 
“Invictus”, però, non è soltanto un film storico e politico, ma è un film sportivo, nel quale si cesella perfettamente l’alto valore umano e sociale racchiuso in ogni autentica e onesta competizione. Qui è il rugby, uno sport spettacolare, a tratti rude, ma fortunatamente lontano da quelle manifestazioni violente e aggressive che identificano il tifo, ad esempio, del calcio in molti paesi del mondo. Sembra quasi che la purezza competitiva del rugby, descritto con grande maestria di camera nel film, sia il veicolo perfetto per depurare una nazione affetta da divisioni, risentimenti e precarietà di senso civile. Solo un regista perfettamente equilibrato e illuminato come Eastwood poteva riuscire a evitare le trappole di una pericolosa retorica, ricavando, invece, un film volutamente semplice e decisamente rigoroso. Dove si avverte l’ansia di un Presidente eletto dopo 27 anni di duro carcere, che non ha mai dimenticato le parole finali di una poesia di William Ernest Henley fissate nella mente in quel terribile periodo: “Io sono il padrone del mio destino: Io sono il capitano della mia anima”. Due versetti che sono diventati le ragioni del suo sperare e il motto del suo buon governo, mentre sul prato di uno stadio si stava disputando una partita incredibile.







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