Golpe militare in Niger: condanna dell'Unione Africana
E’ arrivata la condanna dell'Unione Africana al colpo di Stato militare avvenuto ieri
in Niger. Il presidente della Commissione dell'Ua, Jean Ping, ha "condannato la presa
del potere con la forza", chiedendo un "ritorno rapido all'ordine costituzionale".
Dopo una giornata di scontri, costata la vita ad almeno 4 persone, il presidente Mamadou
Tandja è finito nelle mani dei soldati, che lo avrebbero imprigionato in una caserma
fuori Niamey. I militari hanno preso il controllo di tutti i centri del potere e la
zona attorno al palazzo presidenziale è al momento circondata da blindati. Un missionario
delle Società delle Missioni Africane nella capitale, contattato dall’agenzia Fides,
ha riferito che ora “la situazione è calma, le scuole sono aperte e non si notano
particolari misure di sicurezza”. Sulla situazione in Niger, Giada Aquilino
ha raggiunto telefonicamente a Niamey Paolo Giglio, console onorario per l’Italia
nel Paese africano, che vive nella capitale dal 1985:
R. – Si sapeva
già da qualche tempo che la situazione politica era tesa, anche se non si pensava
si arrivasse a tanto. Però, durante un consiglio dei ministri straordinario, quando
tutti i ministri erano riuniti alla presidenza, i militari hanno preso il potere.
D.
– Perché c’è stato questo colpo di Stato?
R. – Perché
il Paese stava diventando instabile e poi anche perché probabilmente ci sono interessi
importanti dietro: petrolio, uranio, minerali.
D.
– Che Paese è, oggi, il Niger?
R. – E’ un Paese di
un milione e 200 mila chilometri quadrati, è l’ultimo Paese del mondo nella scala
delle Nazioni Unite ed è il Paese più povero al mondo. La popolazione vive con meno
di un dollaro al giorno: penso che per la gente, colpo di Stato o non, cambi poco.
D.
– E’ il quarto colpo di Stato dal 1974 ad oggi …
R.
– Sì. Ci sono sempre stati colpi di Stato ‘soft’, nel senso che non si parla di colpi
di Stato con centinaia di morti; l’Unione Africana ha comunque già condannato il golpe.
D.
– Che aiuto servirebbe a livello internazionale?
R.
– Servirebbe di più appoggiare il Paese a livello rurale perché tutti imparino a leggere
e scrivere, imparino a guadagnare qualcosa di più e poi magari le cose cambieranno
anche alla testa dello Stato.
Alla fine dell’anno scorso,
il presidente Tandja, al potere da 10 anni, aveva sciolto il Parlamento e la Corte
Costituzionale dopo aver ottenuto il prolungamento del suo mandato per altri tre anni,
grazie ad un referendum che aveva portato ad una nuova Costituzione. L’opposizione
aveva boicottato la consultazione popolare, denunciando un colpo di Stato da parte
dello stesso Tandja. Anche la comunità internazionale aveva condannato il provvedimento
presidenziale. Per approfondire la realtà sociopolitica del Niger, Giada Aquilino
ha intervistato anche Raffaello Zordan, della rivista comboniana Nigrizia:
R. – Il Niger,
ex-colonia francese, è uno dei tanti Paesi che, pur avendo una Costituzione propria
ed essendo autonomo e indipendente è sempre stato all’esterno ostaggio di operazioni
di sfruttamento economico e di sottomissione, anche dal punto di vista istituzionale.
Dal punto di vista interno, non è mai riuscito ad esprimere un gruppo dirigente che
volesse veramente governare il Paese, dando la possibilità a tutti di avere una vita
decente. Il Niger, oggi, è uno dei Paesi che ha forti difficoltà economiche: la gente
vive in estrema povertà, anche se avrebbe delle potenzialità. Avrebbe la possibilità
attraverso le materie prime che possiede – prima di tutto l’uranio – di darsi un assetto
economico più stabile di quello che ha.
D. – Qual
è il ruolo della comunità internazionale?
R. – La
comunità internazionale fatica ad entrare nel mezzo di queste cose. Teniamo conto
che nella Repubblica Democratica del Congo c’è un Contingente molto forte dell’Onu
che sta tentando di controllare una situazione anche lì complicata, pure se il processo
di democratizzazione si è avviato a partire dal 2004 e ci sono state le elezioni nel
2006. La comunità internazionale sta agendo in altre situazioni e il Niger è un po’
lasciato nell’ombra. Però, una delle partite si gioca all’interno, cioè con il gruppo
dirigente e non tanto e non solo con un intervento della comunità internazionale,
che può 'tamponare' delle situazioni ma poi è il Paese che deve darsi un assetto.