Dura reazione della Cina all'incontro tra Obama e Dalai Lama
Dura la reazione della Cina all’incontro di ieri alla Casa Bianca tra il presidente
statunitense Obama e il Dalai Lama. Pechino, esprimendo la sua insoddisfazione, ha
parlato di “violazione delle norme internazionali” ed ha chiesto a Washington di fare
un primo passo per ricucire i rapporti “seriamente danneggiati”. Da parte sua, Obama
ha espresso forte sostegno per il rispetto dei diritti umani dei tibetani in Cina
e per la protezione dell’identità religiosa, culturale e linguistica del Tibet. Il
servizio di Elena Molinari:
La Cina ha
subito reagito affermando di essere fortemente insoddisfatta per l’incontro, che costituirebbe
una violazione dell’impegno Usa a non sostenere l’indipendenza del Tibet. Obama, che
non aveva incontrato il Dalai Lama in occasione del suo precedente viaggio a Washington
proprio per non irritare Pechino, stavolta è andato fino in fondo, anche se con un
Protocollo contenuto. Il Dalai Lama non è stato infatti ricevuto nello Studio Ovale,
riservato ai capi di Stato e di governo, e il colloquio è stato strettamente chiuso
ai reporter. Il leader religioso tibetano, inoltre, ha detto – uscendo dalla Casa
Bianca – che il colloquio è stato centrato sulla pace, i valori umani e l’armonia
religiosa e non sulla politica. Ma nulla è servito a domare le critiche della Cina
e così la lista dei motivi di tensione fra Stati Uniti e Cina continua ad allungarsi:
oltre alle numerose dispute commerciali e valutarie, sui diritti umani, i rapporti
tra Washington e Pechino sono stati turbati dalla recente decisione americana di vendere
a Taiwan armi per sei miliardi e mezzo di dollari.
Si
allunga dunque la lista dei problemi che caratterizzano il contenzioso tra Cina e
Stati Uniti. Un braccio di ferro che rischia di avere forti conseguenze sullo scenario
internazionale. Ecco l'opinione di Paolo Mastrolilli, esperto di questioni
americane del quotidiano La Stampa, intervistato da Stefano Leszczynski:
R. – Gli
analisti di politica estera americana ritengono che gli Stati Uniti abbiano un rapporto
pragmatico nei confronti della Cina e quindi non si aspettano effetti negativi troppo
significativi, perché questo non è negli interessi di nessuno dei due Paesi. Però,
naturalmente, ci sono possibilità serie di incomprensione. La prima riguarda l’Iran:
la Cina è contraria a nuove sanzioni e potrebbe bloccarle all’Onu; nello stesso tempo,
ci sono interessi economici molto forti tra i due Paesi. La Cina è il secondo detentore
al mondo dei buoni del tesoro americani: ne ha per circa 800 miliardi di dollari.
Se cominciasse a venderli, naturalmente, potrebbe creare una situazione economica
difficilmente sostenibile per Washington. Poi ci sono altre questioni come la libertà
di espressione su Internet che è stata anche questa al centro della discussione tra
i due Paesi, e anche azioni fatte da Pechino contro dissidenti.
D.
– La Cina ha accusato gli Stati Uniti di non rispettare l’accordo riguardo al sostegno
di Washington per l’indipendenza del Tibet …
R. –
Intanto, il presidente Obama, la Casa Bianca si sono preoccupati di far capire che
loro non sostengono l’indipendenza del Tibet; questo era semplicemente un incontro
con un leader religioso che si è svolto in una cornice particolare: non – appunto
– nello Studio ovale, dove il presidente in genere accoglie gli altri capi di Stato.
Esiste una politica degli Stati Uniti di "una sola Cina", che in sostanza si ripete
dall’epoca dell’amministrazione Nixon, con la quale Washington si è impegnata a non
riconoscere l’indipendenza di Taiwan e, di conseguenza, anche a non riconoscere altri
movimenti indipendentisti che potrebbero rompere l’unità del Paese. In questo quadro,
dovrebbe rientrare anche l’impegno da parte degli Stati Uniti a non riconoscere l’indipendenza
del Tibet. Ma, appunto, il presidente Obama ha tenuto a sottolineare che non era questo
il significato dell’incontro con il Dalai Lama.
D.
– Obama ha dato pieno sostegno alla tutela linguistica, culturale e identitaria del
Tibet …
R. – Il presidente ha chiarito che sostiene
l’attività del Dalai Lama a favore dei diritti umani e della pace e della libertà
religiosa; quindi si è fermato un attimo prima di sostenere il movimento indipendentista
tibetano. Però, naturalmente, nel richiamare la Cina al rispetto di questi diritti
all’interno del proprio territorio, pone una questione fondamentale per Pechino.