Oggi, l’incontro a Washington tra il presidente americano, Barack Obama, ed il Dalai
Lama, leader spirituale tibetano in esilio. L’evento nelle scorse settimane è stato
fortemente osteggiato dalla Cina, che considera il Dalai Lama ispiratore dei tentativi
di indipendenza del Tibet. Sull’importanza di questo incontro, Salvatore Sabatino
ha parlato con Guido Samarani, docente di Storia della Cina presso l’Università Cà
Foscari di Venezia: R. – L’atteggiamento
cinese sulla questione del Dalai Lama e del Tibet rientra nelle categorie generali
più volte affermate e riaffermate in questi anni da parte cinese, ossia quella della
non ingerenza negli affari interni. E’ difficile, ovviamente, scindere l’incontro,
l’aspetto spirituale e culturale – che credo nessuno contesti per il Dalai Lama –
con l’aspetto politico, con gli effetti politici che quest’incontro oggettivamente
ha. D. – Obama, dal canto suo, ha deciso di proseguire sulla
sua strada confermando l’incontro. Che tipo di conseguenze oggettivamente ci possiamo
attendere? R. – I problemi principali sul piano politico riguarderanno
i cinesi, che tenderanno ad essere ancora più intransigenti sulla questione del Tibet.
Da parte americana, è oggettivamente non facile per il presidente americano – che
è alle prese con tutta una serie di questioni complesse – far fronte a questi temi,
su cui credo ci sia una larga sensibilità negli Stati Uniti. D.
– I rapporti tra Cina e Stati Uniti in queste ultime settimane sono stati contraddistinti
da forti tensioni, prima sulla questione della censura Google, poi sulla vendita di
armi americane a Taiwan ed ancora sulla questione nucleare iraniana. Questi due Paesi
in che modo si potranno riavvicinare? R. – Leggevo recentemente
alcuni pareri di studiosi cinesi e di studiosi americani anche su sponde opposte.
Credo forse ci sia bisogno di quello che questi studiosi cinesi e americani hanno
proposto: una specie di nuovo summit, una nuova presa di posizione, una nuova cornice
generale da ridisegnare, che è forse quella delineata negli anni Settanta-Ottanta,
quando ci furono le prime relazioni filoamericane, ma che non è più sufficiente a
contenere tutta la complessità dei problemi vecchi e nuovi che hanno i due Paesi.