2010-02-18 14:41:21

Il primo atto di giustizia è riconoscere la propria iniquità. Solo in Cristo l'uomo torna ad essere giusto: così il Papa alla Messa per il Mercoledì delle Ceneri


“Il primo atto di giustizia è riconoscere la propria iniquità". L'uomo può tornare ad essere giusto solo grazie alla giustizia di Dio svelata in Cristo. Così in sintesi il Papa ieri pomeriggio durante la Messa con il rito di benedizione e imposizione delle ceneri nella basilica di santa Sabina sull’Aventino. “Iniziando una nuova Quaresima- ha detto - la Chiesa indica la conversione personale e comunitaria quale unica via per formare società più giuste, dove tutti possano avere il necessario per vivere secondo la dignità umana”. La celebrazione è stata preceduta da una processione partita dalla Basilica di sant’Anselmo. Il servizio è di Paolo Ondarza:RealAudioMP3

Riconoscere che l’iniquità è radicata nel cuore, nel centro stesso della persona umana. E’questo il primo atto di giustizia. Benedetto XVI lo ha indicato celebrando il mercoledì delle ceneri, inizio del cammino Quaresimale. Anche ai nostri giorni – ha proseguito il Santo Padre - l’umanità ha bisogno di sperare in un mondo più giusto, di credere che esso sia possibile, malgrado le delusioni che vengono dalle esperienze quotidiane. “Nel sacrificio di Cristo, morto e risorto per la salvezza dell’uomo, si dischiude la giustizia divina profondamente diversa e più grande di quella umana perché basata sull’amore e sul perdono. “I digiuni, i pianti, i lamenti ed ogni espressione penitenziale – ha detto il Papa - hanno valore agli occhi di Dio solo se sono segno di cuori sinceramente pentiti”.

 
“La vera ‘ricompensa’ non è l’ammirazione degli altri, ma l’amicizia con Dio e la grazia che ne deriva, una grazia che dona pace e forza di compiere il bene, di amare anche chi non lo merita, di perdonare chi ci ha offeso”.

 
I quaranta giorni vissuti da Cristo nel deserto – ha proseguito Benedetto XVI – indicano all’uomo come vivere la Quaresima: in totale abbandono nella Volontà del Padre. “Inoltrarsi nel deserto” infatti – ha spiegato il Papa:

 
“Significava esporsi volontariamente agli assalti del nemico, il tentatore che ha fatto cadere Adamo e per la cui invidia la morte è entrata nel mondo; significava ingaggiare con lui la battaglia in campo aperto, sfidarlo senza altre armi che la fiducia sconfinata nell’amore onnipotente del Padre. Mi basta il tuo amore, mi cibo della tua volontà”.

 
“Non fu un atto di orgoglio, un’impresa titanica – ha detto Benedetto XVI - ma una scelta di umiltà”. Anche l’uomo è chiamato ad attraversare il deserto quaresimale per partecipare alla Pasqua nella profonda certezza di essere stato preceduto da Cristo, vincitore della morte. In questa ottica è possibile comprendere il segno penitenziale delle ceneri imposte sul capo:

 
“E’ essenzialmente un gesto di umiltà, che significa: mi riconosco per quello che sono, una creatura fragile, fatta di terra e destinata alla terra, ma anche fatta ad immagine di Dio e destinata a Lui. Polvere, sì, ma amata, plasmata dal suo amore, animata dal suo soffio vitale, capace di riconoscere la sua voce e di rispondergli; libera e, per questo, capace anche di disobbedirgli, cedendo alla tentazione dell’orgoglio e dell’autosufficienza. Ecco il peccato, malattia mortale entrata ben presto ad inquinare la terra benedetta che è l’essere umano. Creato ad immagine del Santo e del Giusto, l’uomo ha perduto la propria innocenza ed ora può ritornare ad essere giusto solo grazie alla giustizia di Dio”.

 
L’uomo è chiamato a testimoniare la giustizia di Dio, la sua indulgenza infinita, “animata da costante e universale volontà di vita”. Perdonando l’uomo, infatti, – ha continuato il Papa – è come se Dio dicesse: non voglio che tu muoia, ma che tu viva. Voglio sempre e soltanto il tuo bene”.

 
La Quaresima – ha concluso Benedetto XVI - allarga il nostro orizzonte, ci orienta verso la vita eterna. Ci fa capire che in questa terra siamo pellegrini:

 
“Non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura. La Quaresima fa capire la relatività dei beni di questa terra e così ci rende capaci per le rinunce necessarie, liberi per fare il bene”.







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