2010-02-17 15:25:11

La diocesi di Milano sui fatti di via Padova: frutto di “disagio sociale” e irresponsabilità politica


Un’uccisione quella del giovane egiziano a Milano, al culmine dei disordini scoppiati tre giorni fa in via Padova, da inquadrare “in uno scenario di diffuso disagio sociale che, complice l’indifferenza di chi avrebbe potuto intervenire prima ma non lo ha fatto, perdura da tempo ed è destinato a rimanere tale fintantoché non si deciderà insieme di voltare pagina e ristabilire le condizioni per una normale e costruttiva convivenza civile”. Così commenta una nota della diocesi di Milano, diffusa ieri sera attraverso il sito www.chiesadimilano.it, dove si esprime una “ferma condanna della violenza”, invocando “interventi istituzionali limpidi, capaci di richiamare con severità ed equilibrio ai valori che fondano la convivenza”. Ma anche si denuncia nella nota il “consueto e triste gioco politico di parte, nel quale i problemi reali vengono puntualmente sacrificati sull’altare della ricerca del consenso elettorale”. Citando tensioni che risalgono ad anni addietro nella stessa zona, si aggiunge che il problema “non riguarda quindi solo la criminalità organizzata, ieri, o l’immigrazione non governata, oggi, ma anche il degrado del tessuto civile del quartiere”. Quando un territorio, prosegue la nota “non è governato con lungimiranza, ma abbandonato alle logiche infernali dell’incuria, della lacerazione, della prepotenza diventa facilmente terreno di coltura per le patologie più gravi del disagio sociale”. “Da parte dei milanesi – sottolinea ancora la nota - occorre riconoscere in questi anni un preoccupante calo della tensione morale e civile e la conseguente fatica a trasmettere la solidità di un ethos pubblico condiviso e normativo”, per cui è necessario “tornare a conoscere, rispettare, apprezzare le regole, i valori, il senso delle istituzioni e delle tradizioni civili”. La strada suggerita dalla diocesi ambrosiana è “l’autentica integrazione”, vale a dire non “l’adeguamento integrale di altri ai nostri modi”, ma “conoscenza, dialogo, ascolto a partire dalla riscoperta delle proprie radici”. Ripartendo dalla famiglia, chiede la Curia milanese: “Non sarebbe tempo di prendere in seria considerazione l’urgenza dei ricongiungimenti familiari?” Il testo prosegue proponendo un parallelo “fra il disagio violento, tribale e rancoroso delle gang etniche e quello più narcisistico, autodistruttivo e spietato dei giovani bene”. Da qui l’esigenza di affrontare la “sfida educativa nei confronti dei giovani, ancora più acuta nel contesto della seconda generazione di immigrati”. Numerose le agenzie che si occupano dei ragazzi sul territorio, bisognose però di sostegno. Si chiede quindi la diocesi: “Perché non promuovere per davvero un “esercito” di educatori piuttosto che di militari?”. (R.G.)







All the contents on this site are copyrighted ©.