La diocesi di Milano sui fatti di via Padova: frutto di “disagio sociale” e irresponsabilità
politica
Un’uccisione quella del giovane egiziano a Milano, al culmine dei disordini scoppiati
tre giorni fa in via Padova, da inquadrare “in uno scenario di diffuso disagio sociale
che, complice l’indifferenza di chi avrebbe potuto intervenire prima ma non lo ha
fatto, perdura da tempo ed è destinato a rimanere tale fintantoché non si deciderà
insieme di voltare pagina e ristabilire le condizioni per una normale e costruttiva
convivenza civile”. Così commenta una nota della diocesi di Milano, diffusa ieri sera
attraverso il sito www.chiesadimilano.it, dove si esprime una “ferma condanna della
violenza”, invocando “interventi istituzionali limpidi, capaci di richiamare con severità
ed equilibrio ai valori che fondano la convivenza”. Ma anche si denuncia nella nota
il “consueto e triste gioco politico di parte, nel quale i problemi reali vengono
puntualmente sacrificati sull’altare della ricerca del consenso elettorale”. Citando
tensioni che risalgono ad anni addietro nella stessa zona, si aggiunge che il problema
“non riguarda quindi solo la criminalità organizzata, ieri, o l’immigrazione non governata,
oggi, ma anche il degrado del tessuto civile del quartiere”. Quando un territorio,
prosegue la nota “non è governato con lungimiranza, ma abbandonato alle logiche infernali
dell’incuria, della lacerazione, della prepotenza diventa facilmente terreno di coltura
per le patologie più gravi del disagio sociale”. “Da parte dei milanesi – sottolinea
ancora la nota - occorre riconoscere in questi anni un preoccupante calo della tensione
morale e civile e la conseguente fatica a trasmettere la solidità di un ethos pubblico
condiviso e normativo”, per cui è necessario “tornare a conoscere, rispettare, apprezzare
le regole, i valori, il senso delle istituzioni e delle tradizioni civili”. La strada
suggerita dalla diocesi ambrosiana è “l’autentica integrazione”, vale a dire non “l’adeguamento
integrale di altri ai nostri modi”, ma “conoscenza, dialogo, ascolto a partire dalla
riscoperta delle proprie radici”. Ripartendo dalla famiglia, chiede la Curia milanese:
“Non sarebbe tempo di prendere in seria considerazione l’urgenza dei ricongiungimenti
familiari?” Il testo prosegue proponendo un parallelo “fra il disagio violento, tribale
e rancoroso delle gang etniche e quello più narcisistico, autodistruttivo e spietato
dei giovani bene”. Da qui l’esigenza di affrontare la “sfida educativa nei confronti
dei giovani, ancora più acuta nel contesto della seconda generazione di immigrati”.
Numerose le agenzie che si occupano dei ragazzi sul territorio, bisognose però di
sostegno. Si chiede quindi la diocesi: “Perché non promuovere per davvero un “esercito”
di educatori piuttosto che di militari?”. (R.G.)