Il grido d'aiuto di malati di Sla e famiglie: lo Stato non ci abbandoni!
La commovente vicenda di Andrea Pancallo, il ventenne di Vercelli che ha aveva
annunciato di voler vendere uno dei suoi reni per aiutare economicamente il padre
Domenico, da sei anni malato di Sla, Sclerosi laterale amiotrofica,, riporta in primo
piano la drammatica situazione dei pazienti colpiti da questa malattia degenerativa
e delle loro famiglie. Ascoltiamo al microfono di Fabio Colagrande le ragioni
disperate del giovane, che dopo il clamore suscitato sui media ha raccolto solidarietà
e offerte di aiuto.
D. – Ora
che la vicenda della sua famiglia ha avuto una certa risonanza grazie alla drammatica
offerta che lei ha fatto qual è il suo stato d’animo? R. – Sicuramente
mi sento un po’ più sollevato e penso che il mio rene rimarrà lì ancora per un po’.
Spero che si trovi un’alternativa definitiva. D. – Avete ricevuto
segni di solidarietà in questi giorni? R. – Abbiamo ricevuto
tanti segni di solidarietà, sia offerte economiche sia anche gente che vuole dare
il proprio aiuto di persona. Ringraziamo tutti quanti, non sappiamo che dire, siamo
veramente pieni di gioia per questo. D. - Lei ha dovuto fare
un gesto così estremo, proporre di vendere uno dei suoi reni proprio per arrivare
ad avere una risposta, ad avere una certa notorietà anche sui mezzi di stampa: come
si sente? R. – Questa purtroppo è una cosa che mi rattrista
perché so che c’è tanta gente che resta in sordina e mi dispiace perché non so se
per quella gente si risolverà il problema, perché so che è un problema che attanaglia
un po’ tutti noi, parenti dei malati di Sla. D. - Quando ha
deciso di compiere un gesto così estremo? R. – All’improvviso
perché mia mamma ha avuto un’uscita un po’ triste, ha detto che avrebbe voluto chiudersi
nella camera di mio papà e lasciarsi morire insieme a lui. D.
- Voi avete un modo per comunicare con papà? R. – No, non comunichiamo
in nessun modo, l’unica cosa che possiamo fare è guardarlo e non possiamo fare null’altro. Un
grido di aiuto quello di Andrea che non si può lasciare inascoltato da parte delle
autorità, commenta Salvatore Usala, 56 anni, di Monserrato vicino Cagliari,
malato di Sla, componente della Commissione regionale sulla Sla della Sardegna: per
parlare utilizza un computer. L'intervista è sempre di Fabio Colagrande:
R. - Provo
un duplice sentimento, da un lato una profonda amarezza mista a rabbia nel sentire
un ragazzo di vent'anni, in una società incivile ed ipocrita, costretto a mutilarsi
pur per un fine nobile; dall'altro un senso di sollievo perché Andrea ha pubblicizzato
la sofferenza della sua famiglia, normalmente prevale la rassegnazione nel silenzio. D.
- La situazione della famiglia di Andrea è la stessa di migliaia di famiglie italiane
che convivono con questa malattia. Anche lei e i suoi famigliari avete provato questa
sensazione di abbandono? R. - La situazione che prevale è di
totale abbandono, le famiglie sono costrette a lasciare il lavoro o a vendersi la
casa per garantire un'assistenza continua al proprio caro malato, è una vera vergogna.
Per fortuna da qualche anno in Sardegna è stato deliberato un progetto denominato
"ritornare a casa" che eroga un contributo di 20.000 euro l'anno che consente di avere
8 ore al giorno di assistenza con una badante, purtroppo la giornata dura 24 ore e
mia moglie sta consumandosi lentamente ma inesorabilmente. D.
- In passato voi malati di Sla avete chiesto al Governo di attivare i cosiddetti Lea
(livelli essenziali di assistenza) e di riconoscere un aiuto economico alle famiglie
non abbienti. Avete avuto risposta su questi punti? R. - Abbiamo
avuto risposte ed impegni dal ministro Fazio. Ma come spesso accade nella politica
le promesse vengono disattese, i tempi si allungano ed i malati si lasciano morire.
Se non si fanno gesti eclatanti c'è un disinteresse totale che dimentica tutti i sofferenti
e diseredati, la situazione è gravissima e bisogna prendere provvedimenti urgenti
con contributi alle famiglie. D. - In cosa consistono i Lea? R.
- I livelli essenziali di assistenza dovrebbero essere il minimo garantito per i bisogni
dei malati, un servizio che dovrebbe essere un dovere di una società che si reputa
civile ed evoluta, dovrebbe essere un servizio per tutti i cittadini, indipendentemente
dalla regione o dalla ASL di residenza. D. - Sembrano progetti
difficilmente realizzabili in tempi di crisi economica… R. -
Tutti si impegnano per dire la loro sulle scelte di fine vita, eutanasia e problematiche
collegate, mi pare quanto meno paradossale che un Governo che voleva fare una legge
per Eluana Englaro, per salvargli la vita, poco più di un anno fa, non prenda in considerazione
la qualità minima di vita di malati e famigliari. Noi amiamo la vita ma non a tutti
i costi, molti rinunciano alla tracheotomia ed inevitabilmente muoiono, se non si
provvede con urgenza ci sarà un fenomeno di emulazione negativa, noi malati non possiamo
trascinare nel baratro i nostri cari. Da un punto di vista dei costi il ministro Fazio
ha garantito 20 milioni per progetti socio sanitari cofinanziati dal ministero dei
servizi sociali con parte dei fondi della non autosufficienza. A noi servono 100 milioni,
un quarto dei soldi dilapidati con la sciagurata campagna del vaccino dell'influenza
suina. Con un'assistenza degna ed adeguata si risparmierebbe perchè si annullerebbero
quasi totalmente i ricoveri in rianimazione che hanno un costo di 1700 euro al giorno.
Quindi in realtà noi proponiamo un investimento produttivo. D.
- Nei mesi scorsi come malati di Sla siete stati protagonisti di un drammatico sciopero
della fame per attirare l'attenzione del governo e dei mass-media. Avete in mente
altre iniziative? R. - Abbiamo in calendario una grande manifestazione
a Roma in un posto strategico con la presenza di cento malati gravi che vivono grazie
alle macchine. In più ci saranno famigliari, associazioni, amici e sostenitori. Sarà
un qualcosa di clamoroso, non ci muoveremo senza avere garanzie certe di provvedimenti
immediati. Se servirà ci accamperemo in piazza. Se vorranno rimanere sordi al nostro
appello se ne assumeranno le responsabilità. Se vogliono martiri per rompere il muro
dell'ipocrisia saranno accontentati, chiudo con una frase a me cara: “Non ha senso
vivere senza lottare per le cose senza le quali la vita non ha senso”. (Montaggi
a cura di Maria Brigini)