Il direttore della Caritas di Roma: lo sguardo d’amore del Papa segno di speranza
per gli ultimi della società
La Chiesa ama i poveri e non li abbandona mai: riecheggiano forti le parole di Benedetto
XVI, pronunciate ieri al Centro Caritas della Stazione di Termini di Roma. Una visita
intensa che ha offerto al Papa l’opportunità di incontrare i poveri della città ma
anche quanti si prodigano per testimoniare concretamente l’amore di Cristo agli ultimi
della società. Per una riflessione sui frutti di questo importante avvenimento, Alessandro
Gisotti ha intervistato mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas diocesana
di Roma:
R. – Quello
che ha colpito moltissimo, al di là delle parole che il Santo Padre ci ha detto, è
il suo sguardo partecipativo e molto presente alla situazione. Ieri ho visto che il
Papa comunicava moltissimo con gli occhi: gli occhi pietosi davanti alle persone,
alle difficoltà che gli venivano raccontate; gli occhi carichi di gioia davanti alla
speranza … Quindi, l’eredità che io posso dire è quella di avere una maggiore attenzione
alla persona, con uno sguardo attento capace di vedere quello che la persona desidera,
e così comunicarci. Il vedere che poi ci viene dalla Parabola del Vangelo, del Buon
Samaritano, che vide la persona malmenata dai briganti e si fermò …
D.
– Il Papa ha detto con forza che la Chiesa ama ogni uomo per quello che è, non per
quello che possiede: è proprio lo spirito che anima gli operatori della Caritas …
R.
– E’ quanto noi cerchiamo di dire ai nostri volontari. A queste persone noi diciamo
continuamente, in una società dove non si fa niente per niente, noi vorremmo fare
qualche cosa per niente. Il nostro fare qualche cosa per niente è perché è mosso solamente
dall’amore, e dall’amore di Cristo. Probabilmente, proprio questo è il messaggio che
il Santo Padre ci ha lasciato!
D. – Con le sue parole,
con la sua visita il Papa in fondo ha lanciato anche una sfida a tutta la città, a
tutta la comunità cittadina, non solo ai credenti, ad essere accoglienti, a lavorare
per una società più giusta, più solidale …
R. – Sì,
lo ridico con forza: proprio la gioia di sentire quelle parole del Papa. Noi siamo
discepoli di Cristo e il nostro porre la carità al primo posto credo che sia il comando
del Signore. Però, il Papa ci ha ricordato: non si può scindere la giustizia dalla
carità, né la carità dalla giustizia, e credo che sia il messaggio che ci sta dando
in questi anni attraverso le sue encicliche. Continuamente! Ieri ce lo ha ricordato
in maniera molto, molto forte: non basta l’economia a risolvere i problemi dell’uomo;
è necessario, in quella realtà, aggiungere la realtà dell’amore, del dono, della gratuità,
del servizio, del dare la propria vita – come ha fatto Cristo – per il bene degli
altri.
D. – C’è tra i tanti momenti vissuti ieri,
uno che l’ha particolarmente colpita, che in qualche modo sintetizzi il significato
della visita?
R. – Ho accennato a quello che mi ha
colpito: il suo sguardo. Abbiamo presentato al Papa il Crocifisso che è stato tratto
dalla chiesa di Onna dopo il terremoto: l’abbiamo fatto restaurare e l’abbiamo portato
davanti al Santo Padre. Quando l’ha visto è rimasto in silenzio ed è rimasto a guardarlo
quasi in adorazione, perché aveva afferrato anche il significato che volevamo dare
a quel Crocifisso: distrutto dal terremoto, così come l’uomo può essere distrutto
dal terremoto della società, della vita … E’ stato restaurato. Così, il Pontefice
ha capito che anche qui c’è questo sforzo di “restaurare” le persone e raccoglierle
per la dignità di persone che hanno.