Problematico e intenso: nei cinema italiani il film "Lourdes" della regista austriaca
Hausner
E’ uscito sugli schermi italiani il problematico “Lourdes” della giovane regista austriaca
Jessica Hausner. Un film austero e intenso che non vuole prendere posizioni e tanto
meno criticare o deridere, ma che nella sua essenziale e lucida equidistanza produce
un salutare dibattito e non poche riflessioni sul miracolo e le reazioni che innesca
nel cuore. Il servizio di Luca Pellegrini:
(Trailer:
“Non è facile viaggiare su una sedia a rotelle … Talvolta invidio gli altri, perché
possono camminare e fare tutto normalmente …)
Jessica
Hausner ribadisce ancora una volta di non aver voluto dirigere un film sulle apparizioni,
sulla vita del santuario mariano più famoso del mondo e tanto meno sulla fede cattolica
e la devozione mariana. Il suo campo di indagine, condotto attraverso il pedinamento
discreto e attento di uomini e donne che a Lourdes vanno come malati e al loro seguito,
è esclusivamente il miracolo e i meccanismi che innesca nell’animo quando, improvvisamente
e senza ragione alcuna, si manifesta. Confessa, infatti, di aver capito che soltanto
lì, nella Lourdes visitata da milioni di malati ogni anno, è possibile fare un’analisi
approfondita del miracolo e di quella che lei chiama la sua ambivalenza, ossia un
fenomeno reale che rimane totalmente inspiegabile. Insomma, se pure il film della
Hausner ha ragionevolmente innescato dibattiti in ambito cattolico e non, sembra siano
nati per una cattiva interpretazione delle ragioni del film e delle problematicità
che innesca. “Nessuno può dire se il miracolo avviene per fede o per fatalità. Io
volevo solo raccontare questa tensione che genera dubbi”, spiega la Hausner. E di
tensioni e di dubbi nel suo film ne nascono in grande varietà e dai personaggi meno
sospetti. Christine, che è interpretata da una ammirabile e splendida Sylvie Testud,
arriva a Lourdes sulla sua carrozzella. Il refettorio, la camera da letto, la stanza
per le immersioni, l’ambulatorio, la cappella, anche la grotta, sono tutti ambienti
che la sovrastano incombenti, circoscrivendone l’orizzonte. Non sa bene ancora perché
è lì, probabilmente non per fede né per speranza, ma per semplice fuga o per dare
un senso alla sua vita, al suo stato. A Lourdes ci si va anche per questo. Tutto è
molto programmato nelle giornate sue e dei suoi compagni di pellegrinaggio. Tutto,
tranne il miracolo. Avviene in una notte, semplicemente, silenziosamente: Christine,
affetta da sclerosi multipla, si alza. Quando al mattino seguente sorride e riesce
a tenere una tazza in mano, i vicini la guardano. Loro non sorridono. Si capisce subito
che alla regista non interessa il rapporto tra Christine e la fede, perché lei si
mantiene equidistante tanto dalla prima quanto dall’incredulità. Non vuole né convincere
né irridere, come invece faceva platealmente e in modo irritante l’ultimo film che
era stato girato in quei luoghi nel 1987, “Le miraculé” di Jean-Pierre Mocky. La Hausner
non cerca e non codifica certezze, semmai amplifica certi stati d’animo che spesso
vogliamo tenere nascosti. Perché le interessa il cuore, assai debole e labile, quando
messo a confronto diretto con il soprannaturale e le sue imponderabili decisioni,
quando in crisi sono messi anche i concetti di giustizia e di onnipotenza che riguardano
Dio. E’ vero, nel film non c’è gioia per la guarigione di Christine, non ci sono evidenti
segni del sentire cristiano, ma c’è invece molta solitudine, invidia, insomma un bagaglio
di “deficit” umani comuni e tollerabili, che Lourdes forse ha guarito in molti e più
di una volta. “Lourdes” è un film assai più umano che cristiano, ma del Cristo adombra,
anche se non volutamente, le piaghe e l’enigma e di Lourdes non intacca il mistero
e lo scopo.