Migliaia di persone in piazza oggi a Beirut, la capitale del Libano, per ricordare
il quinto anniversario della morte dell'ex premier Rafik Hariri, ucciso in un attentato
assieme ad altre 22 persone. La vicenda è ora all’esame della giustizia internazionale,
che ha chiamato in causa il governo siriano quale mandante dell’omicidio. In quest’occasione,
il presidente degli Stati Uniti, Obama, ha parlato telefonicamente con Saad Hariri,
attuale premier e figlio di Rafiq, sottolineando l'importanza che siano scoperti gli
assassini di suo padre, per affermare la sovranità e l’indipendenza del Libano. Ma
che cosa significò l’uccisione di Hariri per le vicende libanesi? Giancarlo La
Vella ne ha parlato con Antonio Ferrari, inviato speciale ed esperto di
Medio Oriente del "Corriere della Sera":
R. – Qualcosa
di estremamente importante, non soltanto per la storia del Libano ma per la storia
di tutta la regione. Rafik Hariri era il politico con la volontà di ricostruire il
Libano dopo la guerra civile e ad un certo punto è entrato in rotta di collisione
con altri poteri della regione, in particolare con la Siria. D.
– Com’è la situazione politica del Libano, oggi, il cui governo è guidato dal figlio
di Rafik Hariri, Saad? R. – Cinque anni dopo, tutto si è nuovamente
"annacquato" nel senso che Saad Hariri, con indubbio realismo e forse anche con cinismo,
non soltanto è andato a Damasco ed ha abbracciato il presidente Assad che, cinque
anni fa veniva considerato in qualche modo corresponsabile di quanto era accaduto;
ma proprio recentemente Hariri ha fatto dichiarazioni durissime parlando di Israele
e parlando dell’Iran, dicendo: “Se il nostro Paese verrà attaccato e verrà attaccato
Hezbollah, saremo al fianco di Hezbollah contro Israele”. Questo per dire che in Libano,
nonostante i sommovimenti portati da quella tremenda strage di cinque anni fa, tutto
in fondo è rimasto grosso modo come prima: gli intrecci tra le varie componenti libanesi
la dicono lunga e fanno capire che, in fondo, il Libano sta seguendo ancora una volta
il proprio destino, per fortuna in una chiave maggiormente pacificata.