Anno Sacerdotale: la testimonianza di don Silvio Buttitta, da 50 anni sacerdote al
servizio della Chiesa di Palermo
Un sacerdote di borgata, cresciuto fra i parrocchiani della Chiesa Sant’Agata La Pedata
di Palermo. Era ancora bambino Silvio Buttitta quando il suo parroco, padre Antonino
Tagliavia, gli propose di entrare in seminario. Ordinato prete, poi, è stato assegnato
a quella stessa parrocchia che frequentava da piccolo. E quest’anno, il 2 luglio,
ancora come parroco di Sant’Agata, festeggia 50 anni di sacerdozio. In coincidenza
con l’Anno Sacerdotale ha voluto donare ai suoi fedeli un piccolo calendario, dedicando
ogni mese a quei sacerdoti palermitani che hanno lasciato un segno indelebile nel
capoluogo siciliano. Al microfono di Tiziana Campisi, padre Silvio Buttitta
ci parla della sua vita e del suo essere sacerdote nella realtà palermitana:
R. – Sono
stato chierichetto all’età di 8-9 anni. Sono entrato in seminario qualche anno dopo
e posso dire che sin dall’inizio è stato come se fossi nato lì dentro. Mi sono adattato
a tutto e a tutti, senza nessuna difficoltà: non ho fatto nessun sacrificio. E la
vita non era facile, allora! Eravamo negli anni Cinquanta. Mi abituai alla disciplina
del seminario senza nessuna difficoltà, e all’obbedienza, allo studio. Certo, qualche
crisi c’è stata, intorno ai 18-19 anni, ma sono state cose passeggere: le ho superate
senza grande difficoltà.
D. – Lei quest’anno festeggia
50 anni di sacerdozio: che bilancio può fare della sua vita?
R.
– Ho vissuto dei momenti veramente belli, specialmente con i bambini e con i ragazzi.
Quei ragazzi che ho seguito anni fa ormai hanno 50 anni e oltre: sono sposati, professionisti.
Sono diventati medici, ingegneri, c’è un magistrato … era tutta gente che frequentava
assiduamente la parrocchia ed aveva tempo anche per studiare!
D.
– Lei ha voluto celebrare l’Anno Sacerdotale dedicando un piccolo calendario ai fedeli
per far conoscere loro alcune figure …
R. – Ho scelto
alcune figure sacerdotali, che a Palermo sono state particolarmente significative.
Ho inserito ad esempio il Beato Giacomo Gusmano, che è il fondatore del “Boccone del
povero”. Lui era medico, però un medico speciale, perché era disponibile con tutti
i poveri: era, come dire, un “apostolo della carità”. La sua è stata una vocazione
straordinaria. Poi, padre Nunzio Russo, fondatore dell’Istituto di San Giuseppe: lui
ha fondato una tipografia che aveva, però, come unico scopo l’apostolato; apostolato
liturgico, catechismo, eccetera. Ha anche stampato il catechismo in siciliano …
D.
– Suo confratello di ordinazione è stato padre Pino Puglisi …
R.
– Puglisi è stato mio compagno di classe e di ordinazione sacerdotale. Anche lui un
uomo di una grande semplicità: scherzava e giocava spesso … a volte scherzava anche
su se stesso e rideva a cuore pieno. Era sempre pronto a intervenire, ma sempre col
sorriso, anche quando doveva sottolineare un difetto, una mancanza: lo faceva sempre
sorridendo. Lui è stato in diversi luoghi, poi a Palermo: a Palermo Brancaccio, una
zona molto pericolosa. Ma non ha mai perso il sorriso. Quando si è reso conto che
c’erano dei rischi, per lui, la sera non permetteva che qualcuno rimanesse con lui
in parrocchia, perché temeva che per colpa sua qualcuno potesse rimetterci la pelle.
E infatti, quello che lui sentiva e prevedeva è successo. Il giorno del suo compleanno
stava tornando a casa per festeggiare con i suoi familiari; ma quando è arrivato davanti
casa lo hanno chiamato. Lui si è voltato e ha riconosciuto quelli che gli stavano
sparando e ha risposto loro soltanto, sempre con il sorriso: “Vi aspettavo!”.
D.
– Cosa significa per lei questo Anno Sacerdotale?
R.
– Intanto, ho voluto dare un segno con questo libretto; ci tengo a mettere in evidenza
la figura, il ministero, i doni, le responsabilità della vita sacerdotale, che non
sono pochi.
D. – Ma in fondo, lei è felice della
sua scelta?
R. – Ah, questo sì! Questo sì: non ho
avuto mai, neanche un attimo, dei ripensamenti: mai! Su questo ho veramente l’animo
sereno!