Benedetto XVI alla Pontificia Accademia per la Vita: senza un'etica radicata nella
legge naturale, scienza e leggi manipolano vita e dignità umana
La scienza da sola non basta a comprendere il valore della dignità umana, né a garantire
il rispetto per la sacralità della vita. Ciò è possibile solo se si riconosce che
in esse brilla il fondamento della legge naturale, inscritta non dall’uomo ma da Dio.
Benedetto XVI ha affrontato il delicato tema della bioetica in rapporto alle problematiche
contemporanee nell’udienza concessa questa mattina ai membri della Pontificia Accademia
per la Vita, riuniti in questi giorni in assemblea generale e guidati dal loro presidente,
l’arcivescovo Rino Fisichella. Il servizio di Alessandro De Carolis:
L’idea che
la vita sia materia “manipolabile” dalla scienza al pari di altri agglomerati organici,
o il pietismo facile di chi si commuove davanti a “situazioni limite” e crede che
ciò valga come rispetto della dignità umana. Tutte derive pericolose – come quella
di uno Stato che pretenda di fissare per legge questioni etiche facendosi esso stesso
principio di etica – se si ignora o si misconosce il valore della legge naturale.
Come in altre analoghe occasioni, o come nell’ultima Enciclica Caritas in veritate,
Benedetto XVI ha sgomberato il campo dalle ombre con affermazioni di grande nettezza.
Oggi, ha ribadito, la partita dello “sviluppo umano integrale” si gioca nel campo
della bioetica: “Si tratta di un ambito delicatissimo e decisivo,
in cui emerge con drammatica forza la questione fondamentale: se l'uomo si sia prodotto
da se stesso o se egli dipenda da Dio. Le scoperte scientifiche in questo campo e
le possibilità di intervento tecnico sembrano talmente avanzate da imporre la scelta
tra le due razionalità: quella della ragione aperta alla trascendenza o quella della
ragione chiusa nell'immanenza”. La stessa bioetica, nel momento in
cui emergono “possibili conflitti interpretativi”, necessita di un solido “richiamo
normativo”, e questo – ha scandito il Papa – si rifà alla “legge morale naturale”.
E’ in essa, ha spiegato, che il riconoscimento della dignità umana, “in quanto diritto
inalienabile trova il suo fondamento primo in quella legge non scritta da mano d’uomo,
ma iscritta da Dio Creatore nel cuore dell’uomo”. Viceversa, ha obiettato, “senza
il principio fondativo della dignità umana sarebbe arduo trovare una fonte per i diritti
della persona e impossibile giungere a un giudizio etico nei confronti delle conquiste
della scienza che intervengono direttamente nella vita umana”: “E’
necessario, pertanto, ripetere con fermezza che non esiste una comprensione della
dignità umana legata soltanto ad elementi esterni quali il progresso della scienza,
la gradualità nella formazione della vita umana o il facile pietismo dinanzi a situazioni
limite. Quando si invoca il rispetto per la dignità della persona è fondamentale che
esso sia pieno, totale e senza vincoli, tranne quelli del riconoscere di trovarsi
sempre dinanzi a una vita umana”. Gli stessi scienziati, da parte loro: “Non
possono mai pensare di avere tra le mani solo della materia inanimata e manipolabile.
Infatti, fin dal primo istante, la vita dell’uomo è caratterizzata dall’essere vita
umana e per questo portatrice sempre, dovunque e nonostante tutto, di dignità propria.
Contrariamente, saremmo sempre alla presenza del pericolo di un uso strumentale della
scienza, con l’inevitabile conseguenza di cadere facilmente nell’arbitrio, nella discriminazione
e nell’interesse economico del più forte”. Dunque, coniugare bioetica
e legge morale naturale permette, per Benedetto XVI, di difendere al meglio i diritti
di quella dignità “che la vita umana – ha detto – possiede intrinsecamente dal suo
primo istante fino alla sua fine naturale” e che, tuttavia, nonostante un’accresciuta
sensibilità contemporanea, “non sempre” sono “riconosciuti alla vita umana nel suo
naturale sviluppo e negli stadi di maggior debolezza”. La legge morale naturale, forte
del proprio carattere universale che le permette di suscitare “consenso tra persone
e culture diverse”, permette – ha concluso il Papa – “di scongiurare tale pericolo
e soprattutto offre al legislatore la garanzia per un autentico rispetto sia della
persona, sia dell’intero ordine creaturale”: “La storia ha
mostrato quanto possa essere pericoloso e deleterio uno Stato che proceda a legiferare
su questioni che toccano la persona e la società, pretendendo di essere esso stesso
fonte e principio dell’etica. Senza principi universali che consentono di verificare
un denominatore comune per l’intera umanità, il rischio di una deriva relativistica
a livello legislativo non è affatto da sottovalutare”.