2010-02-13 15:34:04

Ai Venerdì di Propaganda il libro di Barbara Frale "La Sindone di Gesù Nazareno"


Si apre un nuovo capitolo nella storia affascinante della più famosa tra le sacre reliquie: la Sindone. Il volume della storica e archeologa Barbara Frale, dell'Archivio Segreto Vaticano, avanza un’ipotesi di ricerca di grande fascino, legata alla scoperta, trent’anni fa, di scritture in greco, latino e aramaico sul lino del lenzuolo. Dal titolo “La Sindone di Gesù Nazareno”, edito da “Il Mulino”, il volume è stato presentato ieri a Roma, presso la Libreria Internazionale Paolo VI, nell’ambito della rassegna “I Venerdì di Propaganda” promossa dalla Libreria Editrice Vaticana. C’era per noi Claudia Di Lorenzi:RealAudioMP3

 
Era proprio Gesù Nazareno l’uomo crocifisso della Sindone. E’ la conclusione a cui è giunta la storica e archeologa Barbara Frale, proponendo una lettura inedita delle scritture in greco, latino e aramaico scoperte sul telo circa 30 anni fa. Parole che – è l’ipotesi della studiosa, affidata alle pagine del suo ultimo libro - per la prima volta, almeno sul piano storico, segnalano una chiara corrispondenza fra il misterioso uomo della Sindone e il Gesù dei Vangeli, nato a Nazareth e morto in croce al tempo dell’imperatore Tiberio. Un’ipotesi di ricerca affascinante che si fonda su precise emergenze storiche e archeologiche. Ascoltiamo Barbara Frale:

 
“Io ho paragonato queste scritture a testimonianze di papiri ed epigrafi di epoca antica e medievale. Tutto fa pensare che si tratti di tracce di cartigli risalenti all’epoca di Tiberio, i quali sembrano proprio descrivere le caratteristiche di un certificato di sepoltura. La persona sepolta era stata condannata a morte sotto il regno di Tiberio. Addirittura c’è una sequenza, che sembra indicare l’anno 30, il sedicesimo anno di Tiberio, che cita il nome di quest’uomo chiamandolo Gesù Nazareno”.

 
Parole invisibili che sulla tela hanno fissato informazioni preziose, sottraendole all’oblio dei cartigli ormai scomparsi. Ancora la studiosa:

 
“Erano cartigli di papiro che erano stati incollati probabilmente con colla di acqua e farina e la scrittura, in seguito a fenomeni chimico-fisici legati alla natura dell’inchiostro, che conteneva ferro, probabilmente, e all’umidità, si è trasferita”.

 
E’ il racconto di un uomo – spiega la storica - strappato alla vita per un’arbitraria condanna:

 
“Le usanze ebraiche prevedevano che il condannato a morte dovesse scontare una pena simbolica, rimanendo rinchiuso per dodici mesi nello spazio infamante di un sepolcreto pubblico o, comunque, separato dalla tomba dei suoi familiari, e i cartigli servivano ad identificare il corpo di ogni singolo condannato, una volta avvolto nel sudario. Nel caso del personaggio storico noto come Gesù di Nazareth abbiamo una situazione molto particolare, in quanto i suoi discepoli vanno dal governatore romano Ponzio Pilato a chiedere di avere in consegna il corpo del defunto, anziché mandarlo alla sepoltura pubblica”.

 
Un racconto – è la convinzione della studiosa - che sul sacro telo evoca mirabilmente i contenuti dei Vangeli. Ancora Barbara Frale:

 
“Le scritture dicono: 'Gesù Nazareno, anno XVI del Regno di Tiberio'. Poi c’è una scritta in latino, 'Innecem' - 'condannato a morte' - e un’altra scrittura in greco, che dice probabilmente 'Oye kiato' - 'è stato rimosso all’ora nona” - quella in cui bisognava togliere i cadaveri dalla croce. Poi c’è un’altra parola, che dice 'Adar', ed era la data del momento in cui il condannato poteva essere restituito alla famiglia. Nell’anno 30, il mese di Adar cadeva dodici mesi dopo il giorno in cui si celebrava la Pasqua ebraica ed è assolutamente in linea con quello che si è sempre valutato storicamente in base ai Vangeli, cioè che Gesù fosse stato condannato a morte, crocifisso, in corrispondenza della Pasqua”.

 
La Sindone sarà esposta nuovamente al pubblico a partire dal prossimo 10 aprile e fino al 23 maggio a Torino.







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