Colombia: per i vescovi il dialogo con le bande armate è un impegno pastorale,
non politico
Ieri, dopo che le autorità colombiane hanno precisato che qualsiasi dialogo con i
cosiddetti “gruppi emergenti” - ex paramilitari delle “Autodifese unite colombiane”
(Auc) che non si sono smobilitate – condizionato dalla necessità che gli stessi si
facciano giudicare dagli organi giudiziari della Colombia, l’episcopato colombiano
ha ribadito la sua disponibilità a dialogare con queste organizzazioni. Per i vescovi,
tuttora riuniti nella loro Assemblea plenaria, “nel caso delle azioni pastorali” che
nulla hanno a che fare con la politica “non occorre nessuna autorizzazione governativa”.
Se questi gruppi, eventualmente, avessero l’intenzione di rientrare nella cornice
legale, ovviamente si tratterebbe di una cosa politica e ciò rientrerebbe esclusivamente
nell’ambito dei poteri delle autorità dello Stato. Mons. Rubén Salazar Gómez, presidente
della Conferenza episcopale, arcivescovo di Barranquilla, ha dichiarato: “In quanto
pastori abbiamo l’obbligo di dialogare con tutti e per condurre queste colloqui non
dobbiamo attendere il permesso di nessuno”. Mons. Jaime Prieto Amaya, vescovo di
Cúcuta per spiegare meglio quest’idea ha usato un’immagine concreta: “I medici esistono
per i malati. Chi si sente bene e ritiene di essere sano non avvicina il medico. Se
un altro invece avvicina un pastore è suo dovere offrirgli tutte cure pastorali possibili.
Il pastore, come il medico, non può in questa rifiutare chi lo avvicina. Dal punto
di vista evangelico sarebbe una cosa grave”. Intanto, numerose organizzazioni non-governative
e umanitarie così come il Comitato dei parenti delle vittime della violenza hanno
salutato con speranza la disponibilità della Chiesa di dialogare con i dirigenti di
questi gruppi emergenti. In particolare il sostegno delle associazioni dei gruppi
di Montería, Córdoba, Antioquia e Chocó, che rappresentano i familiari di oltre 4000
vittime, hanno dichiarato che i propositi dei vescovi “sono benvenuti poiché è urgente
trovare uno sbocco alla situazione”. La Chiesa in Colombia, definita in tutti gli
studi demoscopici come l’istituzione che gode del più alto prestigio e del tasso di
affidabilità maggiore nel Paese, da molti anni è impegnata nella ricerca del dialogo
con tutti i gruppi armati, di destra e di sinistra e anche della delinquenza organizzata,
con il solo scopo di aprire i cuori dei responsabili accompagnandoli eventualmente,
come è già accaduto in passato, in percorso riabilitativo a partire delle rinuncia
all’uso della violenza. Al riguardo, come a più riprese hanno precisato i vescovi,
l’avvicinamento pastorale esclude qualsiasi dimensione politica non solo perché non
rientra nella missione della Chiesa, ma anche perché sono questioni che la Costituzione
e la legge affidano alle autorità liberamente elette dal popolo. Essendo la “cultura
della morte” ciò che spesso predonomina nello scenario colombiano i pastori di questo
Paesi lavorano per contrastarla e sconfiggerla con i principi e i valori della vita
proclamati dal Vangelo. (A cura di Luis Badilla)