E’ iniziata oggi a New York, sotto l’egida dell’Onu, una nuova tornata di negoziati
tra rappresentanti del Marocco e del Fronte Polisario, l’organizzazione per la Liberazione
del Sahara Occidentale. All’avvio dei colloqui, che si concludono domani, ha espresso
le sue felicitazioni il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che
ha incoraggiato le parti a fare progressi sullo status del Sahara Occidentale ed il
riconoscimento dei diritti del popolo saharawi. In quale momento cadono questi colloqui?
Giancarlo La Vella ne ha parlato con Luciano Ardesi, esperto di questioni
nordafricane:
R. – Si parte
dalle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza che da anni chiedono alle due parti di
condividere una soluzione politica che consenta l’autodeterminazione del popolo saharawi.
La novità è che la ripresa di questi colloqui avviene dopo un lungo sciopero della
fame di una militante dei diritti umani, Aminatu Haidar, espulsa dal Sahara Occidentale
e poi rientrata senza condizioni. Questo sciopero della fame ha messo in evidenza
il caso del Sahara Occidentale - che si trascina ormai dal 1975 - e di un piano di
pace rimasto inattuato da oltre 20 anni. La base dei colloqui è quella ormai conosciuta:
il Marocco chiede che la soluzione politica sia quella dell’autonomia, mentre invece
il Fronte Polisario non mette condizioni. Come risultato di questi colloqui, il Fronte
chiede solo il rispetto della volontà popolare e che si arrivi quindi ad un referendum
di autodeterminazione. Il Polisario è disposto a qualsiasi risultato porti la volontà
popolare. D. – Di fatto quali interessi ci sono su questa grande
regione? R. – Interessi sia economici che politici. L’interesse
economico perché sappiamo che il Sahara Occidentale è un Paese completamente desertico
ma molto ricco di risorse naturali: fosfati, ferro, probabilmente petrolio e poi ha
le coste più pescose della facciata atlantica dell’Africa. Ci sono poi gli interessi
politici: l’indipendenza del Sahara Occidentale non consentirebbe al Marocco di proiettarsi
verso l’Africa subsahariana e questo è nel desiderio dell’Algeria, che ha su di sé
le mire del Marocco - che sappiamo fin dall’indipendenza aver rivendicato tutta la
parte del Sahara che comprende i confini dell’Algeria, del Mali e della Mauritania
– e si creerebbe quindi uno squilibrio se dovesse confermarsi l’occupazione militare
del Sahara occidentale da parte del Marocco. D. – Attualmente,
dal punto vista politico, la comunità internazionale com’è schierata nel riconoscimento
del Sahara Occidentale? R. – Diciamo che la gran parte degli
Stati è favorevole all’autodeterminazione. Da oltre 20 anni l’Assemblea generale delle
Nazioni Unite vota una risoluzione in cui considera il Sahara Occidentale una “questione
di decolonizzazione”. E’ bene ricordare che quest’anno sarà il 50.mo anniversario
dell’indipendenza africana ed il Sahara Occidentale è l’ultima colonia africana. All’interno
del Consiglio di Sicurezza, invece, la Francia si oppone all’autodeterminazione del
Sahara Occidentale per una questione geopolitica: ha scelto un’alleanza con il Marocco,
nel quale mantiene ancora forti interessi sia politici che economici. D.
– Il riconoscimento del Sahara Occidentale potrebbe costituire l’avvio di un processo
virtuoso per la sistemazione di tante questioni del Nord Africa? R.
– Sicuramente. La soluzione, in modo particolare l’indipendenza del Sahara Occidentale,
consentirebbe innanzitutto di dare avvio all’unione del Maghreb arabo – che per il
momento è bloccata proprio da questa questione – e consentirebbe a questi Paesi di
affrontare sia i problemi economici e sociali sia uno dei grandi problemi che riguarda
tutta l’area nordafricana, cioè quello di combattere il fondamentalismo islamico.