Il dramma delle foibe: ricordare gli orrori della storia
Non si possono dimenticare le drammatiche pagine legate alle foibe e all’esodo dall’Istria
e dalla Dalmazia. E’ quanto ha affermato in occasione dell’odierna Giornata del ricordo
dei martiri delle foibe, il presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano,
aggiungendo che si deve “rinnovare l’impegno comune del ricordo, della vicinanza,
della solidarietà contro l'oblio e anche contro forme di rimozione diplomatica che
hanno pesato nel passato e che hanno causato tante sofferenze”. Ricordare gli orrori
della storia è dunque un imperativo morale come sottolinea, al microfono di Luca
Collodi, anche Edoardo Bernkopf, figlio di profughi fiumani ed esperto
del periodo storico delle foibe:
R. – Si tratta
di una tragedia che ha colpito una parte importante della nostra popolazione, nel
nostro Paese. E’ importante ricordare perché i testimoni diretti di quella tragedia
sono in gran parte ormai mancati. Le nuove generazioni forse non hanno particolare
interesse a ricordare, ad occuparsene. Ma dato che si tratta di una problematica che
forse potrà rispuntare - tende a rispuntare nella storia in varie parti del mondo
dove ci sono dei contrasti etnici, religiosi e quant’altro - è bene che si approfondiscano
questi problemi in modo da evitare che in futuro possano ripetersi. D.
– La storia che pagine nuove ha aggiunto al dramma delle foibe? R.
– Più che pagine nuove, sono in fondo pagine che chi ha vissuto quella tragedia conosceva
già. Forse non si è sottolineato abbastanza che si è trattato di una “pulizia etnica”,
parola che abbiamo imparato a conoscere solo recentemente ma che in realtà si è consumata
anche nel passato e si è consumata ai danni della popolazione italiana. D.
– Che testimonianze ha ricevuto sulle foibe? R. – La nostra
gente non ha amato dare risalto alla propria tragedia. Tutto sommato, questa tragedia,
che ha colpito la popolazione italiana, è stata volutamente dimenticata ma anche i
nostri profughi – e questo credo vada detto a loro onore – non hanno mandato messaggi
di odio e di revanscismo relativamente alla propria tragedia, ma si sono semplicemente
rimboccati le maniche ed hanno ripreso la loro vita, senza coltivare rancori, odi
o desideri di rivincita magari violenta, come va di moda in varie parti del mondo,
certe volte anche con il plauso di alcuni. D. – Ci sono degli
episodi che le sono stati raccontati di cui ha un ricordo particolare? R.
– Il ricordo più vivo è relativo anche ad un mio familiare, il quale aveva come unica
colpa quella di aver servito l’esercito nazionale. Questi episodi di violenza ufficialmente
si rivolgevano ai fascisti, ma di fatto si rivolgevano contro tutto quello che era
italiano ed il fatto di aver portato una divisa o anche di aver ricoperto una carica
pubblica, un incarico talvolta banale – come quello di maestro elementare – era talvolta
sufficiente per essere considerato genericamente un fascista e quindi essere destinato
alla fucilazione o all’infoibamento. D. – Anche la Chiesa è
stata colpita da questo periodo delle foibe… R. – La Chiesa
aveva una componente religiosa che era vista come nemica da parte di una milizia che
aveva invece nella propria ideologia un solido ateismo. Sono molti i preti che sono
finiti nelle foibe, anche eroicamente e magari dopo aver aiutato la popolazione –
anche di etnia slava - ma a volte l’ideologia è cieca anche di fronte a questi comportamenti
specchiati. (Montaggio a cura di Maria Brigini)