Benedetto XVI prega per tutti i malati del mondo. Mons. Zimowski: la medicina smetta
di voler governare tecnicamente la vita umana
“La Chiesa al servizio dell’amore per i sofferenti”: alla vigilia della 18.ma Giornata
mondiale del malato, nella festa della Beata Vergine di Lourdes, il pensiero del Papa
all’udienza generale è andato a quanti tra i fratelli “portano la croce dell’infermità”.
Il servizio di Roberta Gisotti. Un
appuntamento liturgico atteso dai malati in tutto il mondo: domani, Benedetto XVI
celebrerà, alle 10.30 nella Basilica Vaticana una Messa per tutti gli infermi, nella
Giornata loro dedicata. San Pietro accoglierà migliaia di pellegrini, in particolare
dell’Unitalsi, riuniti per la Festa della Beata Vergine Maria di Lourdes, in occasione
del 25.mo anniversario della fondazione del Pontificio Consiglio per gli Operatori
Sanitari. Per questo oggi il Papa, al termine dell'udienza generale, ha voluto affidare
alla protezione della Madonna tutti i malati e quanti recano loro sollievo nella sofferenza.
“I nostri fratelli che portano la croce dell’infermità - ha invocato - trovino il
conforto nella Croce di Cristo”:
“Maria Immacolata ... rivolga il
suo sguardo pieno di amore e di tenerezza su di voi, cari malati, e vi sostenga nel
portare con serenità la vostra croce, in unione a quella di Cristo.” A
suggellare la Festa Beata Vergine di Lourdes, sono arrivate ieri nella Basilica di
Santa Maria Maggiore a Roma le reliquie di Santa Bernadette, giunte dal Santuario
della cittadina francese, accolte dal cardinale Bernard Francis Law, arciprete della
Basilica Liberiana, di cui ci riferisce Marina Tomarro: “Bernadette
era una ragazza umile con nessuna istruzione particolare, eppure la Madonna ha scelto
proprio lei come messaggera di un grande dogma, quello dell’Immacolata Concezione.
Beati i puri di cuore perché in essi c’è la grazia dell’Altissimo.” Con queste parole
il cardinale Francis Bernard Law, ha accolto ieri pomeriggio, nella Basilica di Santa
Maria Maggiore a Roma, le reliquie di Santa Bernadette Soubirous, la piccola pastorella
di Lourdes a cui nel febbraio del 1858 apparve la Vergine Maria. Ad aspettare l’arrivo
dell’urna erano presenti moltissimi volontari dell’Unitalsi e i tanti malati che ogni
anno con i treni bianchi si recano nella cittadina francese per chiedere la guarigione
non solo del corpo ma soprattutto dello spirito. “L’acqua sgorgata miracolosamente
a Lourdes - ha continuato il porporato - ci riconduce alla fonte Battesimale. Bernardette
e la Vergine Santa ci invitano a rinnovare questo sacramento e ad avere fiducia in
Dio, mentre gli affidiamo i nostri affetti più cari e tutti coloro che sono in condizioni
di particolare sofferenza”. Le reliquie di santa Berndette
rimarrano esposte alla venerazione dei fedeli fino a questa sera, quindi domani mattina,
alle ore 9 saranno portate in processione, da Castel Sant'Angelo fino al Vaticano;
poi ancora nel pomeriggio alle 16.30 vi sara un'altra processione con le reliquie
e la statua della Madonna di Lourdes, lungo via della Conciliazione e l'arrivo dei
fedeli in Piazza San Pietro per salutare il Santo Padre, che si affaccerà dalla finestra
del suo studio.
Proseguono intanto le manifestazioni aperte ieri per
il 25.mo anniversario del dicastero vaticano dedicato alla pastorale sanitaria. Ieri
l’inaugurazione di una mostra di Francesco Guadagnolo, nell’atrio dell’Aula Paolo
VI, che oggi nel pomeriggio alle 17.30 ospiterà il Concerto di due pianisti di Taiwan,
Rolf-Peter Wille e Lina Yeh, e la Juni Orchestra dell’Accademia nazionale di Santa
Cecilia, composta da oltre 200 adolescenti. L’evento seguirà la chiusura del Simposio
internazionale promosso dal Pontificio Consiglio per la Pastorale Sanitaria, a 25
anni dalla sua istituzione e dalla Lettera pastorale di Giovanni Paolo II “Salvifici
Doloris”, per una rilettura di questo fondamentale documento sul significato cristiano
del dolore e per un raffronto con le problematiche odierne e le prospettive future
del mondo sanitario. Sarà Margaret Chan, direttore generale dell’Organizzazione mondiale
della sanità (Oms) a svolgere la relazione finale dal titolo “Equità e solidarietà
nella sanità internazionale”. Un incontro che ha posto a confronto 500 tra delegati
ed esperti di 35 Paesi sull’importante ruolo della Chiesa cattolica in campo sanitario,
come spiega l’arcivescovoZygmunt Zimowski,
presidente del dicastero vaticano, al microfono di Romilda Ferrauto: R.
– La medicina ha bisogno della pastorale non solo per fornire le basi degli impegni
etici-morali - che sono molto importanti - ma anche per sostenere gli atteggiamenti
e la prassi degli operatori sanitari per fornire un’assistenza, adeguata nel tempo,
a chi si trova nel dolore della malattia. Oggi vorrei ricordare e sottolineare che
la medicina ha centrato la propria attenzione sulla realtà biofisica della malattia.
E’ assolutamente necessario riscoprire quell’attenzione che contraddistingueva l’azione
taumaturgica di Gesù, quell’attenzione olistica alla persona umana – già presente
nell’Antico Testamento – che si può dire unisce spesso le sofferenze morali - come
ha sottolineato nella “Salvifici Doloris” Giovanni Paolo II - con il dolore di determinate
parti dell’organismo, delle ossa, dei reni, del fegato, delle viscere e specialmente
del cuore. D. – Il progresso scientifico della medicina ha provocato
una certa disumanizzazione della medicina stessa. Oggi bisogna invertire questa tendenza,
come si può fare? R. – Non è facile avere a che fare con i malati,
specialmente quando non si può fare altro che essere presenti. Ci sono momenti, nella
malattia, dove il medico non può fare tanto. Spesso i medici cattolici, uomini credenti,
dicono: “è rimasto ancora l’unico medico”, che è Gesù Cristo. Per questo la pastorale
può insegnare che l’azione più importante è proprio quella che fecero gli amici di
Giobbe i quali, vedendo la sua grave malattia, si sedettero per terra sette giorni,
non per parlare ma per essere vicino a lui, che soffriva tanto. Solo così il mondo
della medicina può essere liberato dalla presunzione febbrile e disperata di controllare
tecnicamente la vita umana. Credere che tale presenza sia quello che si può e si deve
fare nella prospettiva di un’impotenza terapeutica implica la fede degli operatori
sanitari. E’ una presenza nel mondo e nell’aldilà del mondo. La pastorale sarà allora
tesa a proclamare il senso della relazione con Dio e la comunità, ad affermare la
possibilità della guarigione, ad utilizzare le conoscenze delle scienze umane per
aiutare nella sofferenza, a ricordare che l’uomo è mortale ma deve nascere per l’eternità.