Mons. Marchetto: compiere passi decisivi nella pastorale diretta ai pescatori
La Chiesa non può ignorare “la difficile situazione” in cui vivono molti pescatori
e le loro famiglie. E’ perciò urgente che si compiano “passi decisivi” per sviluppare
“vecchi modelli” e idearne di “nuovi per la pastorale diretta ai pescatori”. E’ quanto
si legge nel discorso che domani l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del
Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, rivolgerà al
Comitato internazionale dell’Apostolato del Mare per la Pesca. “La capacità della
natura - si sottolinea nel testo reso noto in anticipo alla Radio Vaticana - è stata
forzata fino al limite e non è più possibile continuare in questo modo”. I governi
devono sentirsi responsabili dell’osservanza rigorosa delle leggi per “proteggere
gli oceani specialmente dalla pesca illegale”. Fin da tempi immemorabili, la pesca
è stata una delle maggiori “fonti di cibo per l’umanità e di impiego e benessere economico”.
Tuttavia in anni recenti – osserva il presule - “lo sviluppo tecnologico e la globalizzazione
hanno creato un profondo impatto sulla situazione generale”. Lo scenario attuale desta
particolare preoccupazione. Nel mondo i pescatori sono oltre 30 milioni e di questi
15 milioni lavorano a tempo pieno su pescherecci, spesso “in condizioni difficoltose”.
In numerosi Paesi – ricorda poi il segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale
per i Migranti e gli Itineranti - la pesca è “l’occupazione lavorativa più pericolosa”.
Centinaia di milioni di persone, che tradizionalmente dipendono da questo settore
per vivere, si trovano inoltre a dovere affrontare il “problema dell’esaurimento delle
risorse, la competizione delle flotte industriali e l’impossibilità di accedere alle
tradizionali risorse di cibo marino”. Nelle quindici maggiori aree di pesca del mondo
– sottolinea mons. Agostino Marchetto - “quattro sono esaurite e nove in via di esaurimento”.
Non si riesce quindi a mantenere “la quantità tradizionale del pescato” e la pesca
di alcune specie è stata vietata o molto limitata. L’arcivescovo precisa infine che
“la Convenzione per il lavoro nella Pesca, del 2007, rappresenta il più importante
strumento internazionale degli ultimi 40 anni” in questo settore. Ma il cammino verso
la ratifica di questa Convenzione “procede con molta più lentezza rispetto a quella
per il lavoro marittimo”. L’Apostolato del Mare, essendo direttamente impegnato con
numerose comunità di pescatori ed essendo in contatto con molti uffici governativi
– conclude mons. Marchetto - “potrebbe svolgere in questo momento un ruolo importante
in vista della ratifica”. (A cura di Amedeo Lomonaco)