Indonesia: la rinascita di Aceh nel dopo-tsunami, speranza per Haiti
Ad Aceh, lo tsunami del dicembre 2004 ha devastato il territorio, lasciando 160mila
morti e oltre 500mila sfollati, radendo al suolo intere città e villaggi. Aceh, era
definita “provincia ribelle”, luogo movimenti terroristi e separatisti. E’ la provincia
indonesiana dove dal 2002 è in vigore la sharia, che preoccupa i non musulmani. A
cinque anni dal disastro, oggi Banda Aceh, capitale della provincia, è il simbolo
del “trionfo sullo tsunami”, un luogo dove la qualità della vita è alta, dove si respira
l’armonia interreligiosa, dove “vi è stata una rinascita che offre speranze a tutto
il mondo, specialmente alla gente di Haiti”, dice all’agenzia Fides mons. Antonius
Sinaga, arcivescovo di Medan, la principale città di Nord Sumatra. Lo tsunami ha dato
l’impulso per un nuovo inizio. Mons. Sinaga sottolinea a Fides che: “la gente oggi
è molto aperta, umanamente e socialmente. Banda Aceh è divenuta una città internazionale
e dalla tragedia dello tsunami è rinata una città socialmente molto diversa. C’è grande
riconoscenza per gli aiuti giunti dall’esterno, soprattutto dagli Stati Uniti e dai
paesi europei, chiamati ‘paesi cristiani’, che hanno permesso di ricostruire oltre
140mila case”. Grazie agli aiuti, per un valore complessivo di oltre 6,7 miliardi
di dollari, si sono ricostruite anche 1.700 scuole, 996 edifici pubblici, 36 aeroporti
e porti, 3.800 moschee, 363 ponti e oltre 20.000 chilometri di strade. “Si comprende
perché oggi i cittadini dei paesi donatori sono chiamati amici o perfino fratelli”,
nota l’arcivescovo. “Il miglioramento è sensibile: la città è pacificata a tutti i
livelli. Non vi è tensione sociale, nè interreligiosa, e il clima politico è molto
favorevole. Il benessere sociale ed economico è più alto che in altre zone di Sumatra”,
continua il presule. “I cristiani vivono liberamente e in tranquillità. La Chiesa
cattolica ha instaurato un ottimo rapporto con il governo e le autorità civili, in
un clima di dialogo e di sereno confronto. Anche le relazioni con i leader musulmani
locali sono più che buone”, dice l’arcivescovo, rassicurando anche su altro punto:
la sharia. “La legge islamica, in vigore nella provincia, non rappresenta un problema:
le autorità, i mass-media, i tribunali ripetono che essa è valida per i cittadini
musulmani e che i credenti di altre religioni possono vivere liberamente. Va detto
che questo è molto chiaro a livello ufficiale, mentre a livello popolare – soprattutto
nei villaggi remoti e culturalmente tradizionalisti, che non sono venuti a contatto
con la modernità – la situazione è più difficile e vi sono restrizioni che a volte
causano problemi alla popolazione”. Per questo alcuni gruppi attivi per la tutela
dei diritti umani, come l’Ong indonesiana “Kontras”, hanno denunciato “la violazione
dei diritti umani e della stessa legislazione statale indonesiana, nell’applicazione
delle punizioni previste dalla sharia. Nonostante tutto, nel complesso le condizioni
sociali della popolazione e dei cristiani (4.000 fedeli su 3,5 milioni di abitanti
di Aceh) sono notevolmente migliorate – sottolinea l’arcivescovo – e vi sono buone
prospettive. (R.P.)