I vescovi romeni in visita ad Limina. Mons. Robu: cattolici in fuga all'estero per
la povertà
I vescovi della Conferenza episcopale della Romania hanno iniziato in Vaticano la
loro visita "ad Limina". Mons. Ioan Robu, arcivescovo di Bucarest e presidente
dei vescovi romeni ha incontrato ieri Benedetto XVI. Padre Anton Lucaci, responsabile
del Programma romeno della Radio Vaticana, gli ha chiesto di parlarci della Chiesa
cattolica in Romania:
R. – La Conferenza
episcopale romena rispecchia nella sua struttura la fisionomia variegata della Chiesa
cattolica in Romania. Ci sono tre riti - latino, bizantino e armeno - e tre lingue
liturgiche principali: romeno, ungherese e tedesco. E’ in definitiva un po’ l’immagine
della stessa Chiesa universale. D. – Quale azione svolge la
Chiesa cattolica in Romania? R. – Essa svolge un’attività che
rassomiglia sempre di più alla vita delle Chiese che non hanno attraversato un periodo
di persecuzione come noi. Mentre prima dell’89 si poteva compiere un’attività pastorale
solo nelle chiese e cioè tra le mura delle chiese, oggi i campi della pastorale si
sono allargati, per esempio i mass media, le scuole, università, gli ospedali, l’esercito,
le carceri, l’attività con i giovani, con gli anziani e altre attività sociali. D.
– Quali sono i rapporti con la Chiesa ortodossa? R. - Non so
se possiamo parlare di rapporti e cioè di relazioni frequenti, quanto piuttosto di
una convivenza nella quale ci sentiamo più vicini attraverso un vero rispetto reciproco.
Non mancano però alcune tensioni anche dopo la visita del Santo Padre Giovanni Paolo
II. Ci sono ancora delle tensioni, per esempio, tra la Chiesa ortodossa romena e la
Chiesa greco-cattolica a causa delle proprietà: chiese, canoniche, monasteri, etc.,
confiscati abusivamente dal regime comunista e fatte passare nel patrimonio della
Chiesa ortodossa. D. – Come sta cambiando la società romena? R.
- L’influsso del mondo occidentale da questo punto di vista è sempre più forte e questo
per via dei mass media, dell’emigrazione e dell’immigrazione, del turismo, etc. Come
difficoltà maggiore la prima cosa che mi viene in mente è l’emigrazione di tante famiglie
cattoliche, quindi l’invecchiamento molto rapido di parecchie comunità. Quelli che
sono andati via per ragioni di lavoro sono principalmente i giovani. Così in un momento
nel quale si cercava di più la stabilità e la crescita delle nostre comunità parrocchiali
si è verificata questa fuga all’estero a causa della povertà materiale. Purtroppo
le autorità statali non si mostrano sensibili a tale inquietante problema. D.
– Quanto ha influito la dittatura comunista nello spirito dei romeni? R.
– Penso piuttosto a ciò che si è edificato nelle anime dei nostri fedeli in questi
venti anni di libertà, una cosa non facile da misurare. Noi pastori, vescovi e sacerdoti
siamo abituati a questa difficoltà. Sappiamo che nell’attività pastorale non possiamo
toccare e misurare i frutti maturati in seguito al nostro lavoro e per questo dicevo
che preferisco non parlare di frutti maturati quanto piuttosto di ciò che la grazia
di Dio ha fatto crescere in quelli che ci sono stati affidati. In ogni modo possiamo
assicurare il Santo Padre che la nostra Chiesa locale ha conservato bene la sua identità
cattolica e la mantiene.