Un Simposio fa il punto su 40 anni di dialogo ecumenico. Il cardinale Kasper: guardare
a ciò che ci unisce per una testimonianza comune nel mondo
Si è aperto questa mattina a Roma, presso la sede del Pontificio Consiglio per la
Promozione dell’Unità dei Cristiani, un Simposio di tre giorni per fare il punto sull’ecumenismo.
Presenti all’evento rappresentanti cattolici, luterani, anglicani, riformati e metodisti.
A costituire la base dei lavori è un libro del cardinale Walter Kasper sulla
“raccolta dei frutti” di 40 anni di dialogo ecumenico (“Harvesting the Fruits. Basic
Aspects of Christian Faith in Ecumenical Dialogue” - Continuum, Londra, 2009). Sugli
obiettivi del Simposio ascoltiamo il cardinale Kasper al microfono di Philippa
Hitchen:
R. - Vogliamo
raccogliere i frutti dei dialoghi fatti in quarant’anni. C’è una grande pila di documenti
che vorremmo fosse più digeribile anche a livello delle comunità per iniziare un processo
di ricezione nel corpo vivente delle nostre Chiese. Non vogliamo che questi documenti
restino impolverati e siano soltanto oggetto di dissertazione per gli studenti. E’
necessaria una ricezione vivente. Il secondo scopo è riflettere insieme con i nostri
partners sui prossimi passi dell’ecumenismo, sulla base di ciò che abbiamo raggiunto;
vogliamo parlare di quali sono i prossimi passi che possiamo intraprendere insieme.
D. – Si parlerà del punto centrale dell’ecumenismo,
cioè l’unità visibile ma anche intesa come unità nella diversità. Che cosa si intende
con questo?
R. – Questo è il punto centrale. Abbiamo
diverse ecclesiologie: quella protestante è diversa da quella cattolica, perciò abbiamo
diverse concezioni dell’unità della Chiesa. Io posso soltanto spiegare che la posizione
cattolica vuol dire la piena comunione nella fede, nei Sacramenti e nel ministero
apostolico della Chiesa. Possiamo raggiungere questa meta solo passo passo; ma in
quanto le altre Chiese hanno già adesso elementi di questi tre fattori essenziali
dell’unità, la Chiesa di Cristo è già operante in loro. Vuol dire che non c’è un vuoto
ecclesiologico fuori della Chiesa cattolica anche se la piena realizzazione - come
noi siamo convinti - è nella Chiesa dove il Papa è capo con i vescovi che sono in
comunione con lui.
D. – Lei, nel suo discorso d’apertura,
ha affermato che con la pubblicazione del documento Dominus Iesus furono fatti degli
sbagli verso i partners ecumenici. Che cosa intende?
R.
– Non voglio dire che ci siano sbagli dottrinali, in quanto questo documento riflette
la dottrina cattolica, ma che ci sono dei problemi con alcune formulazioni che non
sono facilmente accessibili per i nostri partners. D. – Continua
a esserci un forte dibattito intorno al termine conciliare “subsistit in”, laddove
la Lumen Gentium afferma che la Chiesa di Gesù Cristo “sussiste nella Chiesa cattolica”.
C’è chi vede l’ecumenismo piuttosto come un ritorno alla Chiesa di Roma…
R.
– Noi non vogliamo parlare di un ritorno alla Chiesa di Roma ma di una piena comunione
con la Chiesa di Roma, questa è un’altra cosa. C’era un grande disagio su questo documento
ma se si legge questo “subsistit in” nel contesto dei documenti del Concilio, soprattutto
della Costituzione sulla Chiesa al numero 8, si vede che ci sono due punti. Un punto
è che la piena realizzazione della Chiesa di Cristo è soltanto nella Chiesa cattolica
ma l’altro punto è che ci sono elementi importanti di ecclesialità anche fuori la
Chiesa cattolica, in quanto la Chiesa di Cristo è presente in modo operante anche
fuori della Chiesa cattolica. Si devono vedere i due punti, non soltanto uno.
D.
– Si parlerà dei frutti degli ultimi 40 anni ma soprattutto del futuro: quali sono
i prossimi passi per il movimento ecumenico?
R. -
Il primo passo è certamente la ricezione di ciò che abbiamo già raggiunto. Non vogliamo
dimenticare questi ricchissimi frutti: sono più di quanto mi aspettassi. Si deve riflettere
su come si possono rendere presenti questi frutti a livello delle parrocchie, delle
comunità ecclesiali. Il secondo punto è che dobbiamo rafforzare e confermare ciò che
abbiamo in comune, perché spesso noi dimentichiamo, per esempio, la dottrina comune
sulla Cristologia, sulla Croce, sulla Risurrezione di Cristo, sulla Trinità. Dobbiamo,
invece, rafforzare ciò che è in comune e partire da qui per vedere le questioni che
sono ancora aperte. Il terzo punto, che è molto importante oggi, è la cooperazione
fra le Chiese perché abbiamo già molto in comune e dobbiamo anche dare insieme testimonianza
della nostra fede in una società che è, più o meno, secolarizzata e non condivide
i nostri valori etici: e qui le Chiese devono - se possono - parlare con una sola
voce.