Anno Sacerdotale: la testimonianza di un ingegnere diventato prete
Dalla scienza alla fede, lungo il cammino della ricerca della verità: la vita di don
Luca Fantini si può sintetizzare così. Nato a Genova nel 1972, don Luca si è laureato
in ingegneria elettrica e ha studiato appassionatamente l’astronomia e la fisica.
Poi, la sensazione che gli mancasse qualcosa nella vita e la necessità mai sentita
prima di dover fare qualcosa per gli altri. Da lì è iniziato il cammino di fede che
ha portato don Luca a diventare sacerdote. Al microfono di Isabella Piro, ascoltiamolo
raccontare come è nata la sua vocazione:
R. – La
mia vocazione al sacerdozio è nata in vari momenti. Negli anni degli studi universitari
c’è stato un primo momento in cui mi sono riavvicinato alla fede. Per me è stato un
cammino che è passato molto per la ricerca della verità, basato anche sui miei interessi,
soprattutto in ambito scientifico. Poi in questo ambito è maturata la mia vocazione
al sacerdozio.
D. – Se tornasse indietro farebbe
la stessa scelta?
R. – Ah, certamente sì, sì! Magari
la farei anche prima! Mi ha dato tantissimo: mi ha dato tutto!
D.
– Lei lo ha accennato prima: è laureato in ingegneria ed è appassionato di astronomia
e fisica. Come si concilia l’amore per la scienza con quello per la fede?
R.
– Più che di conciliazione, a me sembra meglio parlare di un mutuo arricchimento.
Ritengo che sia quello che sta dicendo spesso anche Benedetto XVI, che sta facendo
un grande apostolato della ragione e anche della scienza. Io penso che la ragione
sia necessaria alla fede, la salva dall’apparire, dalla superficialità o anche dall’essere
una mera propaganda. L’apostolato non è propaganda, è aiutare ad incontrare una Persona
che è Verità e Vita.
D. – Dopo essere stato cappellano
della Residenza universitaria dal Levante, a Bari, lei ora opera a Roma, sempre a
contatto con gli studenti universitari. Cosa le insegna questa esperienza?
R.
– La cosa che colpisce, soprattutto, è la loro sfiducia nei rapporti personali: hanno
perso la fiducia nell’amore, già pensano che sia impossibile avere rapporti personali
affettivi che durino nel tempo; questa cosa appunto è il segno, è la fonte di una
fragilità molto profonda che poi li porta a vedere tutto in termini di competizione.
Sono molto soli con le loro debolezze e le loro fragilità, con le cose in cui non
riescono, e allo stesso tempo, probabilmente, in questo c’è più spazio per la ricerca
di Dio, per l’incontro – invece – con Colui che salva. Tante volte i giovani non conoscono
Cristo e non conoscono la Chiesa: non è che la rifiutano, o anche quando magari sembra
che lo facciano, in realtà non la conoscono. Ed è importantissimo ascoltarli sul serio
e far loro conoscere veramente la Persona di Cristo.
D.
– Se dovesse rispondere alla domanda sul motivo per cui oggi un giovane dovrebbe diventare
sacerdote, cosa direbbe?
R. – Perché è la cosa più
grande che esiste!
D. – Per lei personalmente, il
Santo Curato d’Ars quale modello rappresenta?
R.
– La prima cosa che mi colpisce, quando penso al Santo Curato d’Ars, è l’efficacia
del suo ministero basato sulla preghiera, basato sul suo amore per Gesù, sul suo amore
per l’Eucaristia… Spesso si sottolinea il suo grande ministero di confessore, di direttore
di anime, che ovviamente è una cosa stupenda. Penso anche all’efficacia della sua
predicazione della Parola di Dio e sicuramente mi colpisce che l’efficacia e la sua
capacità di portare i cuori, le anime a Gesù, fosse basata soprattutto su questo:
innanzitutto, sulla sua personale intimità con Cristo, sulla sua personale vita interiore,
sulla sua personale preghiera. Penso che in questo sia certamente un modello, e un
modello particolare ovviamente per i sacerdoti!