Orissa: i sopravvissuti alle violenze anticristiane chiedono giustizia all’Ue
“Ridateci le nostre vite”. È l’accorato appello rivolto alla delegazione dell’Unione
Europea dai cristiani dello Stato indiano dell’Orissa sopravvissuti alle violenze
dell’agosto 2008. Gli emissari di Bruxelles stanno visitando in questi giorni i campi
dove oggi vivono questi sfollati interni, che li hanno guidati a vedere le rovine
lasciate dai fondamentalisti. Il grido di disperazione è stato rilanciato da AsiaNews
che ha raccolto la testimonianza di un sacerdote dell’arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneswar,
padre Singh: “Devono ascoltare le nostre richieste, che alla fine sono mirate soltanto
al reintegro della nostra vita precedente”. Da parte della minoranza cristiana c’è
infatti la volontà di riappropriarsi della dignità umana e i diritti connessi, di
un lavoro e una casa, e di fare ritorno nei propri villaggi e riprendere l’educazione
dei bambini. Per l'occasione l’associazione dei sopravvissuti ha inoltre consegnato
un memorandum al gruppo di Bruxelles: “Nonostante siamo senza casa e ancora agonizzanti,
vi diamo il benvenuto nella nostra splendida Kandhamal. Speriamo che la vostra visita
vi serva a comprendere non soltanto come siamo costretti a vivere, ma anche le circostanze
che hanno fatto esplodere la violenza contro di noi”. Nel corso degli scontri, prosegue
la nota, “sono state distrutte 5.347 case e 75 persone hanno perso la vita in nome
della loro religione o etnia. Oltre 50mila persone sono state costrette a emigrare,
diventando rifugiati in patria. I colpevoli di tutto questo sono ancora in libertà:
le autorità non li hanno fermati o tanto meno puniti. Speriamo che la vostra visita
persuada il governo a ridarci le nostre vite”. Infine, la comunità cristiana punta
il dito contro la giustizia indiana: “Le Corti di giustizia instaurate apposta dal
governo per fare chiarezza su quanto avvenuto sono in realtà una truffa. I processi
sono iniziati, ma le testimonianze dirette e le prove non bastano per mandare le persone
in galera. Dateci giustizia”. (M.G.)