2010-02-05 16:05:23

Mons. Migliore sull'integrazione sociale: rispettare i diritti di tutti


“Il bene integrale della persona nelle sue diverse dimensioni compresa quella spirituale” deve essere al centro delle riflessioni di coloro che si occupano di integrazione sociale. Intorno a questo importante concetto è ruotato ieri l’intervento di mons. Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, alla 48.ma sessione della Commissione per lo sviluppo sociale a New York. Ricordando un passaggio della Caritas in veritate di Benedetto XVI: “la società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli”, il presule ha evidenziato come l’integrazione debba passare attraverso “l’eliminazione della povertà e un lavoro dignitoso per tutti”. Mons. Migliore ha poi aggiunto che la crescita economica e sociale si sviluppa attraverso la “maggiore connessione tra le persone” e le loro relazioni. E sono molti gli ambiti nei quali questo può accadere: “le cure mediche, la cultura, l’educazione, l’arte e lo sport”. “Lo sviluppo sociale e l'integrazione – ha detto l’arcivescovo - non deriverà unicamente da soluzioni tecnologiche ma principalmente dai rapporti umani”. Un obiettivo che “richiede necessariamente un’apertura alla vita” mentre troppo spesso la crescita della popolazione è stata considerata una causa di povertà e la mancanza di lavoro una conseguenza. “L’imperativo per i Paesi – ha proseguito l’osservatore vaticano – è quello di trovare soluzioni adeguate per assicurare alle persone le competenze, la formazione e l’istruzione in modo da promuovere lo sviluppo e i diritti umani”. Dunque è necessario creare una società aperta, dove si promuova la vita e la famiglia, anche nel caso in cui i tassi di crescita siano diminuiti. Mons. Migliore ha indicato proprio nel nucleo famigliare “il primo contesto dove i bambini imparano determinate abilità, atteggiamenti e virtù che li preparano al mondo del lavoro, consentendogli così di contribuire alla crescita economica e allo sviluppo sociale”. In questo modo educazione e formazione diventano “un investimento a lungo termine”; pertanto la richiesta è che “le politiche famigliari siano basate sulla giustizia economica e sociale”. Infine l’arcivescovo ha posto l’accento sul fenomeno dell’immigrazione irregolare, che sta creando contrasti crescenti, ma le cui soluzioni si possono trovare ancora “nell’integrazione e nella coesione sociale”. L’integrazione richiede un tempo lungo e il pieno rispetto dei diritti fondamentali di tutti – dei cittadini come dei nuovi arrivati – e di una cultura basata sulla giustizia sociale. (A cura di Benedetta Capelli)
 







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