Mons. Migliore sull'integrazione sociale: rispettare i diritti di tutti
“Il bene integrale della persona nelle sue diverse dimensioni compresa quella spirituale”
deve essere al centro delle riflessioni di coloro che si occupano di integrazione
sociale. Intorno a questo importante concetto è ruotato ieri l’intervento di mons.
Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, alla 48.ma
sessione della Commissione per lo sviluppo sociale a New York. Ricordando un passaggio
della Caritas in veritate di Benedetto XVI: “la società sempre più globalizzata ci
rende vicini, ma non ci rende fratelli”, il presule ha evidenziato come l’integrazione
debba passare attraverso “l’eliminazione della povertà e un lavoro dignitoso per tutti”.
Mons. Migliore ha poi aggiunto che la crescita economica e sociale si sviluppa attraverso
la “maggiore connessione tra le persone” e le loro relazioni. E sono molti gli ambiti
nei quali questo può accadere: “le cure mediche, la cultura, l’educazione, l’arte
e lo sport”. “Lo sviluppo sociale e l'integrazione – ha detto l’arcivescovo - non
deriverà unicamente da soluzioni tecnologiche ma principalmente dai rapporti umani”.
Un obiettivo che “richiede necessariamente un’apertura alla vita” mentre troppo spesso
la crescita della popolazione è stata considerata una causa di povertà e la mancanza
di lavoro una conseguenza. “L’imperativo per i Paesi – ha proseguito l’osservatore
vaticano – è quello di trovare soluzioni adeguate per assicurare alle persone le competenze,
la formazione e l’istruzione in modo da promuovere lo sviluppo e i diritti umani”.
Dunque è necessario creare una società aperta, dove si promuova la vita e la famiglia,
anche nel caso in cui i tassi di crescita siano diminuiti. Mons. Migliore ha indicato
proprio nel nucleo famigliare “il primo contesto dove i bambini imparano determinate
abilità, atteggiamenti e virtù che li preparano al mondo del lavoro, consentendogli
così di contribuire alla crescita economica e allo sviluppo sociale”. In questo modo
educazione e formazione diventano “un investimento a lungo termine”; pertanto la richiesta
è che “le politiche famigliari siano basate sulla giustizia economica e sociale”.
Infine l’arcivescovo ha posto l’accento sul fenomeno dell’immigrazione irregolare,
che sta creando contrasti crescenti, ma le cui soluzioni si possono trovare ancora
“nell’integrazione e nella coesione sociale”. L’integrazione richiede un tempo lungo
e il pieno rispetto dei diritti fondamentali di tutti – dei cittadini come dei nuovi
arrivati – e di una cultura basata sulla giustizia sociale. (A cura di Benedetta
Capelli)