La Corte dell'Aja contro il presidente sudanese Beshir
La Camera d'appello della Corte penale internazionale dell'Aja ha ordinato il riesame
del mandato d'arresto spiccato a marzo contro il presidente sudanese, Omar al Beshir,
perché il documento non menzionava le accuse di genocidio per il Darfur. Il mandato
d'arresto contro Beshir prevede già i capi d'imputazione per crimini contro l'umanità
e crimini di guerra commessi nella regione sudanese. Khartoum ha fatto sapere di non
riconoscere il ruolo dell’Alta corte dell’Aja ed ha accusato la comunità internazionale
di voler ''bloccare gli sviluppi politici in Sudan e le prossime elezioni legislative'',
previste in aprile. Il voto giunge a 5 anni dall’accordo di pace globale siglato nel
gennaio 2005 tra il nord e il sud del Paese, a conclusione di una lunga guerra civile
durata oltre 20 anni. Per il 2011 è in programma un referendum di autodeterminazione
delle regioni sudanesi meridionali. Ce ne parla Domenico Quirico, esperto d’Africa
del quotidiano La Stampa, intervistato da Giada Aquilino:
R. – Beshir
alcuni anni fa ha dovuto inchinarsi a questo processo di pace con il sud del Paese,
ricco di petrolio, perché naturalmente era un po’ messo all’indice dalla diplomazia
internazionale ed ha avuto paura. Poi si è guardato attorno e si è accorto che nessuno
ha mosso un dito, né gli Stati Uniti, né l’Unione Europea. La Corte penale internazionale
lo ha incriminato non per genocidio ma per crimini di guerra e nessuno è venuto ad
arrestarlo. Beshir va in giro tranquillamente a tutti i vertici dell’Unione Africana:
si è accorto che può sostanzialmente, nello scenario internazionale di oggi, fare
quello che vuole.
D. – Per il 2011 è in programma
anche il referendum di autodeterminazione del sud Sudan. Qual è la posizione di Khartoum?
R.
– Tattica. Concede cose sul piano scenografico e mantiene inalterata la situazione
nei suoi punti chiave. Fino a che avrà al suo fianco la Cina - e Pechino certamente
non lo abbandona, perché ha bisogno del petrolio, perché sta conducendo una politica
di grande potenza mondiale per cui l’Africa è estremamente interessante - non ha alcun
problema e potrà quindi manipolare tutte le concessioni che fa sul piano formale.
La questione è che probabilmente non soltanto la diplomazia internazionale avrà sulla
coscienza il problema irrisolto del Darfur, ma corre anche il rischio della ripresa
della guerra nel sud Sudan, perché questo è lo scenario più probabile nei prossimi
mesi e nei prossimi anni.
D. – In questi giorni c’è
stato l’appello del Pam: ci sono più di quattro milioni di persone in sud Sudan che
hanno assolutamente bisogno di cibo …
R. – La situazione
è assolutamente drammatica. Occorre una politica internazionale completamente diversa
da quella di oggi per risolvere i problemi di un Continente - non c’è soltanto l’Africa,
ma ci sono anche altri punti del mondo – straziato, derubato e assassinato, com’è
appunto l’Africa di oggi.