Ci sarebbe la mano della ‘ndrangheta dietro il traffico di immigrati clandestini sgominato
ieri dalla Dda e dalla squadra mobile di Reggio Calabria. 67 ordinanze di custodia
cautelare in carcere sono state eseguite in diverse città italiane. I reati contestati:
favoreggiamento e gestione dell'immigrazione clandestina. Secondo Mimmo Nasone,
referente a Reggio Calabria dell’associazione contro le mafie Libera, lo Stato deve
esse più presente e non intervenire solo quando si verificano emergenze come quella
di Rosarno o quella della bomba alla procura di Reggio. Massimiliano Menichetti
lo ha intervistato:
R. – La ‘ndrangheta
utilizza non da ora la manovalanza degli immigrati, regolari e non regolari, clandestini
e non clandestini, sono persone che sfruttano a loro piacimento impiegandoli nel campo
dell’agricoltura, del lavoro nero e a volte anche per manovalanza di bassa criminalità.
D.
– C’è il rischio che si faccia l’equazione immigrato uguale persona pronta a delinquere
…
R. – Questa è una semplificazione gratuita e di
comodo. Non perché uno delinque tutti gli immigrati delinquono, così come non è giusto
dire che per alcuni calabresi mafiosi tutti i calabresi sono mafiosi.
D.
– C’è anche chi, in queste ore, ribadisce che l’immigrazione clandestina va combattuta
fermamente anche per tutelare gli stessi immigrati …
R.
– La regolamentazione è fondamentale ma nel rispetto dei diritti umani, in sintonia
con le convenzioni internazionali a cui l’Italia ha aderito. Se c’è questo, tutta
la regolamentazione va bene. E’ chiaro però che se facciamo delle leggi che tendono
ad escludere, espellere questi soggetti più deboli, essi finiranno sempre nelle mani
dei furbi, delle forze malavitose: chi ha fame, chi è clandestino, chi è invisibile
e qualcuno gli dice: “vieni da me che ti faccio io un rifugio, però in cambio devi
fare questo lavoro nero, devi portare queste armi” lui ci va, perché la vita viene
prima di tutto, anche se non è un delinquente.
D.
– In questo caso immigrati indiani e pachistani sono stati contattati e portati in
Italia grazie ad imprenditori compiacenti che hanno firmato finti contratti. Voi ribadite:
è necessario denunciare …
R. – Certo. Bisogna denunciare,
soprattutto per colpire i capi mafia, per colpire le famiglie che gestiscono questa
manovalanza. Bisogna creare una sensibilità che vada a superare quella cosiddetta
“costumanza mafiosa”, di coloro cioè che non sono mafiosi, ma che vivono con modi
e atteggiamenti di omertà. Il non vedere, il far finta di nulla, sono funzionali a
questo sfruttamento.
D. – Lo Stato lo sentite vicino
o lontano?
R. – Lo Stato non lo sentiamo. C’è quando
ci sono le emergenze: il 3 gennaio c’è stata la bomba alla procura di Reggio e in
un mese abbiamo avuto il capo dello Stato, i ministri, il Consiglio dei ministri,
tutto in un mese, ma per anni Reggio non è esistita. Il problema è di presenza e credibilità
dello Stato e con questi presupposti c’è impoverimento culturale ed economico sul
quale la criminalità, tutto ciò che è male, prospera.