Consiglio d'Europa: documento invita i governi a non chiamare "illegali" gli immigrati
“La criminalizzazione relativa all’ingresso e alla presenza di immigrati irregolari
nei paesi europei contravviene ai principi stabiliti dalle norme di diritto internazionale”:
lo afferma il commissario per i diritti umani al Consiglio d’Europa Thomas Hammarberg
in un documento presentato oggi a Bruxelles sulle ricadute, in termini di violazione
dei diritti umani, delle politiche che criminalizzano l’immigrazione. “Ho constatato
con crescente preoccupazione il diffondersi di questa tendenza presentata addirittura
come uno dei punti portanti delle strategie di gestione dell’immigrazione” precisa
Hammarberg, aggiungendo che “i Paesi hanno un diritto legittimo a controllare le loro
frontiere, ma la criminalizzazione è una misura sproporzionata, che può avere come
conseguenza la stigmatizzazione e marginalizzazione dei migranti”. Il commissario
raccomanda inoltre di abolire l'uso del termine “immigrazione illegale” sia nelle
dichiarazioni pubbliche sia sulla stampa sottolineando che “la scelta del linguaggio
è molto importante per l’immagine che le autorità inviano alla loro popolazione e
al resto del mondo”. L’essere immigrato può in tal modo associarsi, attraverso un
uso improprio del linguaggio, “ad atti illegali previsti del codice penale – avvisa
Hammarberg – con la conseguenza che tutti gli immigrati vengono macchiati col sospetto”.
Il documento fa un quadro delle norme vigenti nei 47 Paesi del Consiglio d’Europa
e sulle direttive Ue, rilevando “una crescente presenza dell'aspetto illegale dell'immigrazione
a partire dal 2003”. Lo studio - riferisce l'agenzia Misna - cita esplicitamente l'Italia
ricordando la legge, approvata nel 2008, che fa diventare reato l’affitto di locali
a immigrati irregolari e ricorda la proposta avanzata nel 2009 per eliminare dal cosiddetto
‘pacchetto sicurezza’ l’obbligo per il personale medico di informare le autorità sulle
richiesta di assistenza da parte di immigrati irregolari. Hammarberg sollecita inoltre
i governi “a non introdurre reati che si applicano ‘esclusivamente’ a cittadini stranieri”
in modo da “separare i cittadini europei dagli stranieri facendo passare il messaggio
che il contatto con loro è rischioso e può portare ad azioni penali”. Il commissario
osserva inoltre “nessuno dovrebbe essere sottoposto a detenzione per il solo fatto
di non essere cittadino di un certo Paese” così come non ci dovrebbero essere “differenze
di accesso di servizi sociali sulla base esclusiva della nazionalità”. (R.P.)