India: contestata la delegazione Ue in visita tra i cristiani perseguitati dell’Orissa
Dura contestazione degli ultranazionalisti indù del Vhp contro i rappresentanti dell’Unione
Europea in visita in Orissa per constatare la situazione dopo la violenta persecuzione
anticristiana scoppiata nel Natale 2008 e proseguita anche l’estate scorsa. Gli attivisti
hanno ieri contestato la delegazione, al suo arrivo in aeroporto. La massiccia presenza
della polizia ha tenuto i manifestanti lontani dai delegati, provenienti da Ungheria,
Polonia, Irlanda, Italia, Olanda, Gran Bretagna, Finlandia e Svezia. Domani gli inviati
incontrano i rappresentanti del governo dell’Orissa e della polizia, poi lo stesso
giorno andranno in Kandhamal, per tornare alla capitale statale il 5 febbraio. La
contestazione segue la dura presa di posizione contro la visita posta in essere dai
leader nazionali Vhp, che hanno persino chiesto al governo dell’Orissa di proibirla.
Mons. Raphael Cheenath, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, ha commentato ad AsiaNews
che “queste persone non vogliono che sia accertata la verità. Hanno paura che la verità
sia conosciuta e che l’Ue affronti questo problema" della persecuzione anticristiana
in Orissa. Il prelato osserva che la situazione nel Kandhamal è ancora molto difficile
e che “molti cristiani vivono fuori dei villaggi, non gli è stato più permesso vivere
nei villaggi, molti di loro hanno paura della minaccia di conversioni forzate all’induismo,
in alcuni villaggi è chiesto di essere induisti per poterci vivere. Non abbiamo dati
precisi, ma sappiamo che una grande percentuale di cristiani sono tuttora profughi,
alcuni vivono in ripari provvisori nel Bhubaneswhar, altri sono migrati verso altri
Stati del Paese alla ricerca di sicurezza. La nostra gente - afferma il presule -
vive ancora in modo precario, nel timore e nella paura. Le intimidazioni della maggioranza
contro la comunità cristiana sono ora molto minori, ma continuano costanti. Nel Kandhamal
sarà tornata la normalità solo quanto tutti saranno potuti tornare ai loro villaggi,
potranno vivere in pace nelle loro case, potranno pregare in sicurezza nelle loro
chiese. Ora procedono i processi contro i responsabili, ma i veri delinquenti, coloro
che hanno scatenato la violenza di massa, - conclude mons. Cheenath - sono ancora
impuniti”. “La situazione è molto grave. Abbiamo scritto una lettera alla Commissione
nazionale per le Minoranze, per segnalare questa ulteriore, patente violazione dei
diritti di questi profughi cristiani e cittadini indiani”, ha detto all’agenzia Fides
John Dayal, responsabile dell’All India Christian Council, organismo ecumenico che
difende i diritti delle minoranze religiose in India. “Al momento non si hanno notizie
di dove siano stati trasferiti i rifugiati. Occorre ricordare che oltre la metà delle
5.600 case distrutte o bruciate a Kandhamal sono ancora da ricostruire. Intanto nessuno
si preoccupa dell’occupazione di questa gente, primo strumento per una sopravvivenza
dignitosa, e dell’istruzione dei loro figli”. (R.P.)