Il vescovo di Assisi sull'occupazione: evitare guerre tra poveri
In Italia è sempre più allarmante l’emergenza occupazionale. Agli oltre due milioni
di disoccupati, censiti dall’Istat nel 2009, si devono aggiungere anche migliaia di
lavoratori di varie aziende, tra cui Fiat, Alcoa ed Eutelia, che rischiano il licenziamento
o la cassa integrazione. Oggi i dipendenti della Fiat scioperano in tutta Italia per
4 ore protestando per la chiusura dello stabilimento di Termini Imerese nel 2012.
Ieri oltre 500 operai della fabbrica dell’Alcoa di Portovesme, in Sardegna, hanno
manifestato a Roma. Lo scenario è grave anche secondo l’Unione petrolifera italiana:
oltre 7.500 persone delle raffinerie rischiano il posto di lavoro a causa della riduzione
dei consumi e del calo della domanda mondiale. Appare inoltre critica la situazione
di migliaia di lavoratori umbri e marchigiani in seguito alla crisi dell’azienda Merloni.
I vescovi umbri, unendosi all’appello di domenica scorsa del Papa all’Angelus, hanno
scritto una lettera al presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, chiedendo
un intervento immediato del governo su questa specifica emergenza. Ma quali sono le
risposte auspicate dai presuli umbri? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al vescovo
di Assisi, mons. Domenico Sorrentino, vice presidente della Conferenza episcopale
umbra:
R. – Da
parte nostra non abbiamo misure concrete da identificare se non chiedere a tutte le
istituzioni di sedersi con convinzione intorno ad un tavolo per verificare le possibilità
sia eventualmente per tenere in vita l’azienda dell’Antonio Merloni sia per dare alternative
a una popolazione che a quest’industria è legata in maniera specifica: un migliaio
di operai in Umbria e un migliaio nelle Marche. Dunque una situazione che deve essere
affrontata davvero con grande senso di responsabilità anche a livello nazionale. Abbiamo
l’impressione che tra le tante criticità esistenti nel panorama nazionale questo problema,
che è senz’altro di primo livello, non sia altrettanto rimbalzato nell’opinione pubblica
e probabilmente non altrettanto preso in considerazione dalla politica.
D.
– La Chiesa umbra si unisce dunque all’appello del Papa che domenica scorsa, all’Angelus,
ha esortato “a fare tutto il possibile per tutelare l’occupazione”. Nella vostra lettera
sottolineate, in particolare, che in una situazione di crisi generale anche la politica
non può fare miracoli se non si innesca un circolo virtuoso che impegni lavoratori,
imprenditori e governanti …
R. – Ci rendiamo conto che
anche l’imprenditoria privata non può nascondersi di fronte a problemi così gravi.
La politica ha naturalmente il compito di coordinare e di mettere le condizioni perché
anche l’imprenditoria privata possa trovarsi facilitata. Sarebbe bello se a livello
regionale, ma anche nazionale ed internazionale, questa questione fosse messa sul
tavolo delle problematiche da prendere nella più seria considerazione.
D.
– In Italia non solo gli operai umbri ma anche a Portovesme, a Termini Imerese e in
altre realtà aspettano risposte dal mondo della politica. La Chiesa come segue questa
fase delicata?
R. – Con un senso di grande preoccupazione
e con il suo specifico ministero, che è quello della sensibilizzazione, dell’incoraggiamento
e della speranza testimoniata. C’è il pericolo, in situazioni così gravi, che si inneschi
una sorta di “guerra tra poveri”, di una concorrenza tra situazioni e posizioni che
sono tutte altrettanto gravi. I principi ai quali da sempre si ispira la dottrina
sociale della Chiesa sono la sussidiarietà e la solidarietà, principi che mai come
oggi appaiono vitali per il nostro sistema sociale e politico e per la promozione
della pace sociale. E’ dunque un momento di grande responsabilità per tutti.