Haiti: arriva la portaerei Cavour. Mons. Dumas: no alle polemiche sugli aiuti
Ad Haiti prosegue il prezioso lavoro della rete Caritas a sostegno della popolazione.
Grazie ai centri attivi su tutto il territorio, al coordinamento costante con 58 sacerdoti,
al sostegno di migliaia di volontari sono state aiutate finora oltre 140 mila persone.
Con l’arrivo della portaerei italiana “Cavour” a Santo Domingo è iniziata, intanto,
l’operazione denominata “Gru Bianca” condotta dalle forze armate italiane in soccorso
alle popolazioni terremotate. Ascoltiamo il tenente di vascello Michele Carosella,
portavoce dell’operazione italiana nel Paese caraibico, raggiunto telefonicamente
da Luca Collodi a bordo della portaerei:
R. – Siamo
nel porto di Santo Domingo, dove stiamo per completare le manovre di ormeggio della
nave, stiamo per scaricare tutti i mezzi pesanti della Brigata Alpini della task force
Genio, soprattutto i mezzi che ci serviranno per cominciare a togliere le macerie
dalle strade e rimuovere quanto di disastroso ha causato il terremoto ad Haiti.
D.
– Che cosa troverete a terra?
R. – Noi abbiamo mandato
– già durante il corso della navigazione – i soccorsi attraverso voli dei nostri elicotteri,
che hanno sbarcato già tutti gli aiuti e i medicinali. I nostri medici, un team di
70 persone tra medici ed infermieri provenienti da tutte e quattro le nostre Forze
armate e quindi Marina, Esercito, Aeronautica, Carabinieri, con la presenza anche
di medici della Marina brasiliana, sono già scesi a terra; hanno preso già contatto
con l’ospedale Saint Damien e con padre Rick, della Fondazione Francesca
Rava, per capire come aiutare questa Fondazione che accoglie bambini disabili. I nostri
medici sono scesi ed hanno già preso accordi con la Protezione Civile per portare
immediatamente gli aiuti e fare in modo che l’ospedale tecnologico che abbiamo a bordo
possa essere di supporto per la popolazione haitiana.
D.
– Quindi a bordo della portaerei funzioneranno le sale operatorie e l’ospedale, in
particolare per i bambini?
R. – Già sono in funzione
e già siamo in grado di poter portare con gli elicotteri eventuali degenti che hanno
bisogno di particolari cure. Stiamo soprattutto fornendo un supporto dal punto di
vista tecnologico. Abbiamo una tac modernissima e abbiamo anche un laboratorio di
analisi che ci consente di sopperire a quelle che sono le carenze degli ospedali che
sono sul territorio.
D. – Quali emergenze in particolare,
al di là dell’aspetto sanitario, vi state preparando ad affrontare?
R.
– Noi siamo in coordinamento con la Protezione Civile e quindi tutto ciò che il coordinamento
della Protezione Civile Italiana sul territorio ci chiederà di fare, noi siamo pronti
a farlo. E’ ovvio che usciamo dai compiti istituzionali e tutti noi siamo coscienti
di dover affrontare tutto ciò che ci viene richiesto.
D.
– Quanti militari saranno impegnati a terra?
R. –
La task force Genio degli Alpini consta di circa 200 uomini. Questo è il nostro primo
organico che scenderà a terra e lavorerà - io credo – già da dopodomani: saranno pronti
infatti ad operare nelle strade di Port-au-Prince. Gli altri 560 marinai che sono
imbarcati sulla portaerei faranno dei turni e si uniranno agli uomini già presenti
sul territorio.
A Roma, intanto, presso la sede della Comunità di Sant’Egidio,
si è tenuta stamani la conferenza stampa di mons. Pierre-André Dumas, vescovo di Anse-à
Veau et Miragoâne e presidente di Caritas Haiti, sull’emergenza nel Paese devastato
dal sisma. Il servizio di Francesca Sabatinelli:
Haiti è un
Paese collassato, un Paese già molto debole, che è stato colpito nel suo centro nervoso,
un Paese che ha perso tutto. L’haitiano, popolo forte, di grande dignità, ora si sente
anche abbandonato, perché vede sì l’aiuto internazionale, ma vede anche la competizione
e i protagonisti. Mons. Pierre Dumas è chiaro parlando degli aiuti: davanti ai cadaveri
non è tempo di polemiche, bisogna dialogare con le persone che sono lì, capire ciò
di cui hanno bisogno. C’è bisogno di carità intelligente, rapida ed efficace, non
si può militarizzare l’aiuto, bisogna umanizzarlo, non servono speculazioni e chiacchiere,
ma occorrono compassione e comunione. Questo deve essere un momento di meditazione.
Il popolo di Haiti - ha più volte ripetuto mons. Dumas – non è selvaggio, quello che
chiede è aiuto per rimettersi in piedi. Nessun Paese - ha detto, tornando sugli aiuti
– può pensare di mettere da parte gli altri. La differenza sarà segnata dalla capacità
di raggiungere effettivi obiettivi. Cerchiamo di andare all’essenziale e di aiutare
questo popolo. Gli Stati Uniti – ha detto mons. Dumas – possono fare di più in termini
di migliore umanizzazione di ciò che si sta facendo ad Haiti. E’ il tempo – ha concluso
– di fare vera prova di umanità, perché il mondo non avrà nulla da guadagnare se dovesse
perdere Haiti.