Il Papa chiede ai fedeli di pregare per l’annuncio del Vangelo, consapevoli dell’identità
missionaria della Chiesa
“Perché la Chiesa, consapevole della propria identità missionaria, si sforzi di seguire
fedelmente Cristo e di proclamare il suo Vangelo a tutti i popoli”: è questa l’intenzione
missionaria di preghiera di Benedetto XVI per il mese di febbraio. Il Papa sottolinea
dunque che tutti i fedeli sono chiamati ad annunciare il Vangelo, a essere missionari
nel contesto in cui vivono. Un’esortazione su cui si sofferma padre Mario Menin,
presidente del Centro Saveriano di Animazione Missionaria, intervistato da Alessandro
Gisotti:
R. – Questa
riscoperta della universalità della vocazione missionaria ci è stata ricordata in
maniera particolare dall’ultimo Concilio Ecumenico Vaticano II dove in vari documenti
si sottolinea questa universalità. Siamo cristiani e quindi missionari nel senso che
non si può essere cristiani e, cioè, discepoli di Gesù Cristo senza essere anche missionari,
annunciatori e testimoni del dono del Vangelo di Gesù Cristo.
D.
- Nell’intenzione di preghiera, il Papa mette l’accento sulla fedeltà a Cristo quale
condizione necessaria per proclamare il suo Vangelo. E’ certo un richiamo che interroga
il missionario come tutti gli altri membri della Chiesa…
R.
– Senz’altro! Direi che è un richiamo opportuno questo della fedeltà a Gesù Cristo
perché la missione oggi, soprattutto in un contesto di pluralismo religioso, ha bisogno
di scoprire la sua singolarità nella fedeltà a Gesù Cristo: ha bisogno, cioè, la missione
di riscoprire i suoi fondamenti! Il primo di questi è senz’altro Gesù Cristo. Noi
siamo chiamati ad essere missionari come Lui lo è stato e quindi c’è anche un impegno
a essere configurati missionariamente come Gesù Cristo, cioè ad essere discepoli di
Gesù Cristo anche come missionari.
D. - Dialogare
e al tempo stesso evangelizzare. In che modo si possono armonizzare queste due esigenze
in contesti difficili per l’annuncio del Vangelo?
R.
– Siamo chiamati come ci diceva Giovanni Paolo II nell’ultima Enciclica missionaria
del secolo scorso, la “Redemptoris missio”, a svolgere la nostra missione sempre anche
in clima di dialogo. Giovanni Paolo II ci ha richiamati tutti a questa identità della
missione anche come dialogo. Il che non vuol dire lasciare in secondo piano l’annuncio
del Vangelo di Gesù Cristo ma annunciare Gesù Cristo, proclamare il suo Vangelo a
tutti i popoli fino agli estremi confini della terra con uno stile dialogico. Vuol
dire annunciare il Vangelo di Gesù Cristo seguendo fedelmente Gesù Cristo, il quale
nella sua missione ha sempre dialogato. Questo modo di fare lo dobbiamo riproporre
anche oggi nel mondo, anche in quelle circostanze dove il cristianesimo è minoranza
e dove il cristianesimo è perseguitato.