La visita privata di Benedetto XVI alla mostra di Palazzo Venezia "Il Potere e la
Grazia. I Santi Patroni dell'Europa"
Una visita ai capolavori dell’arte che hanno espresso lungo i secoli l’influenza del
cristianesimo nella storia dell’Europa. E’ quella che ieri pomeriggio ha compiuto,
in forma privata, Benedetto XVI a Palazzo Venezia, dove si concludeva l’esposizione
intitolata “Il Potere e la Grazia. I Santi Patroni dell’Europa”. Il Papa ha iniziato
la sua visita verso le 18, mentre il flusso dei visitatori veniva interrotto per permetterne
lo svolgimento, durato circa 40 minuti. Ad accompagnare Benedetto XVI, fra gli altri,
il sottosegretario alla Presidenza italiana del Consiglio dei ministri, Gianni Letta,
l'ambasciatore italiano presso la Santa Sede, Antonio Zanardi Landi, e il curatore
della mostra, don Alessio Geretti. Visitata da oltre 60 mila persone dall'ottobre
scorso, e curata dal Comitato di San Floriano in collaborazione col Pontificio Consiglio
della Cultura, la mostra ha proposto, fra le altre, tele di Leonardo, Tiziano, Caravaggio,
van Dyck, El Greco, Mantegna. Antonella Palermo ha parlato della visita del
Papa con lo stesso curatore, don Alessio Geretti:
R. - Un chiaro
richiamo alle radici cristiane della civiltà europea che non è svolto attraverso concetti
e dibattiti ma attraverso delle prove storiche. Le radici cristiane sono un fatto
non una ipotesi su cui dibattere. In secondo luogo, senz’altro, si rinnova ancora
una volta il sodalizio tra la fede e la bellezza: la bellezza si addice alla fede
e la fede ha bisogno della bellezza. La bellezza è la forma compiuta attraverso cui
si può esprimere il tocco nella vita umana della grazia di Dio che lascia tutto più
incantevole e più brillante dopo averlo attraversato e abitato.
D.
– Dal punto di vista culturale che cosa voleva presentare questa mostra?
R.
– La storia della civiltà occidentale attraverso la storia della santità. Vale a dire,
i vari capitoli della storia della Chiesa nei quali di epoca in epoca la grazia di
Dio ha suscitato una tipologia prevalente di santi rispetto a tutte le altre possibili
forme in cui la santità si manifesta nel mondo umano. E’ come se il Signore avesse
chiamato ad assumere un ruolo di protagonisti nella storia alcuni santi ben precisi,
di una tipologia ben determinata, per rispondere alle necessità e ai problemi tipici
di quell’epoca.
D. – Questa esposizione così bella
che senso ha avuto per l’Italia di oggi?
R. – E’
un invito ad ammirare l’eredità stupenda che il cristianesimo ha lasciato in 20 secoli
di storia alla civiltà europea e anche a quella italiana in particolare. Un invito,
quindi, ad avere consapevolezza delle nostre radici cristiane. E’ un incoraggiamento
a continuare anche noi sulla strada tracciata da tanti santi e a raccogliere la sfida
di essere noi i santi del nostro tempo. Ed è anche una memoria della feconda cooperazione
che ci può essere da un lato tra l’arte e l’esperienza religiosa e dall’altro tra
la vita politica e la fede. (Montaggio a cura di Maria Brigini)