La Chiesa ricorda San Giovanni Bosco, padre e maestro dei giovani
Oggi, dunque, la Chiesa ricorda San Giovanni Bosco: grande apostolo dei giovani e
fondatore della famiglia salesiana, ha elaborato un metodo educativo ispirandosi a
San Francesco di Sales. Proclamato santo il giorno di Pasqua del 1934, Giovanni Paolo
II lo ha dichiarato padre e maestro della gioventù. Ma come si è accostato don Bosco
ai giovani? Lo spiega, al microfono di Tiziana Campisi, don Cesare Bissoli,
salesiano:
R. – Don
Bosco è stato un sacerdote piemontese, che è morto a Torino nel 1888. Aveva già da
ragazzo una propensione a stare con gli altri ragazzi, ad aiutarli, a correggerli,
con molto spirito cristiano. Era stato educato molto cristianamente. La sua è stata
una vocazione adulta: è diventato sacerdote nel 1841. Visitò le carceri e vide questi
ragazzi che venivano da fuori; era il periodo industriale di Torino. Venivano dalle
valli, avevano il lavoro, ma non sapevano dove andare. Erano poveri di cultura, poveri
in tutto, anche di fede, anche se era una fede tradizionale. Ma soprattutto non erano
accolti da nessuno. Allora don Bosco ebbe l’idea dell’oratorio. L’oratorio in sé esisteva
già prima, ma lui lo “inventò” nella formula di accogliere questi ragazzi, li ospitò
e da lì partì tutta l’opera. Voleva fare di quei ragazzi degli onesti cittadini e
buoni cristiani, che avessero un titolo di studio e un lavoro, che imparassero un
mestiere. Lui li accoglieva, faceva catechismo, nello stile di un’estrema presenza,
buona, positiva, paterna, in mezzo a loro. Partendo da questo, verso il 1855, lui
pensò ad una Congregazione. D. – Che cosa caratterizza la personalità
di Don Bosco e perché, in tanti, hanno seguito il suo esempio? R.
– La sua personalità era carismatica, ma il suo era un carisma del quotidiano. Don
Bosco senza i ragazzi - ragazzi difficili, poveri - non è Don Bosco. Partiva dal principio:
“Basta che siete giovani, perché io vi ami assai”. Il concetto di amore è quello di
un amore “educante”, proprio nel senso letterale di stare con questi ragazzi, volerli
educare. Questa esperienza pratica - e dunque non teorica - in mezzo ai giovani, ha
attirato altri giovani e ha fatto la Congregazione. D. – I salesiani
oggi che cosa propongono di Don Bosco? Cosa vogliono far conoscere ancora di lui? R.
– Ripartire da Don Bosco per attuare questo metodo di educazione dei ragazzi, stando
in mezzo a loro, come fatto principale, fondamentale del nostro carisma; essere religiosi
per questo. D. – Nel giorno della festa di Don Bosco, quale
lezione cristiana apprendere? R. – Il Papa ci ha parlato di
emergenza educativa, dunque educare i ragazzi con la pienezza della fede cristiana
è essere veramente cristiani. Il cristiano oggi è tale se educatore. Evangelizzare
educando, educare evangelizzando: questi sono i binomi tipici dell’azione di Don Bosco. D.
– Quale incoraggiamento invece per i giovani? R. – Sappiano
di essere amati. Tanti giovani oggi si sentono soli. Questo è il vero problema che
noi avvertiamo: questa solitudine. E anche coloro che vivono bene - nel senso che
non delinquono - non hanno ideali e sono miniere chiuse. Le loro risorse non sono
esplorate. Non basta amare i giovani, serve invece che i giovani si sentano amati.