Caso Crisafulli: la Comunità Papa Giovanni XXIII pronta ad accogliere Salvatore
Come realtà della Chiesa cattolica siamo vicini e immediatamente disponibili ad accogliere
in una delle nostre strutture Salvatore Crisafulli. Così la Comunità Papa Giovanni
XXIII sul caso dell’uomo, rimasto paralizzato dopo un incidente stradale e oggi in
stato vegetativo e che la famiglia - lamentando l’abbandono da parte di tutti - vuole
portare in Belgio perché gli sia praticata l’eutanasia. Nei mesi scorsi – lo ricordiamo
– i familiari si erano schierati apertamente per tenere in vita Eluana Englaro. Paolo
Ondarza ha intervistato Paolo Ramonda, responsabile della Comunità Giovanni
XXIII.
R. – E’ un
grido disperato, che va accolto con tutto il cuore, per essere loro vicini, ma bisogna
dare una risposta concreta, che dicono non avere avuto né dalle istituzioni né dalla
Chiesa. Noi pensiamo che, vivendo proprio con decine di bambini cerebrolesi, gravemente
disabili, anche allettati, nelle nostre famiglie aperte e comunità, sappiamo bene
cosa nasconde il grido di questa famiglia. Quindi, vogliamo essere loro vicini e dare
una risposta immediata. Ma anche per altre situazioni, noi vogliamo fare un appello:
se ci sono delle famiglie che hanno bisogno di un sostegno, noi siamo disponibili.
Le nostre comunità vogliono essere questo: una risposta immediata, pronta, familiare,
a queste situazioni di bisogno, perché non c’è nessuno che deve essere scartato in
questa società. Anzi, i piccoli e i poveri, come ci insegna il Vangelo, sono le pietre
miliari per ricostruire una nuova umanità, la società del gratuito, la civiltà dell’amore. D.
– Colpisce particolarmente questo grido della famiglia Crisafulli, visto che in passato,
il caso Crisafulli era stato testimonianza di vita. Adesso sembra quasi esserci una
disperazione più vicina alla rinuncia, alla morte... R. – Sì,
è la disperazione della solitudine, di chi comunque crede nella vita, in un momento
di grande assenza che loro percepiscono. Forse è anche, penso, una provocazione, per
coloro che sono preposti a sostenere queste famiglie, che sono decine di migliaia
in tutta Italia, che con dedizione e con amore, con responsabilità nella ferialità,
sono vicini ai loro figli, perché veramente vengano messe delle risorse a favore della
cultura della vita e non della morte. D. – Ma quanto c’è effettivamente
un’assenza delle istituzioni? R. – Io penso che sia le istituzioni
pubbliche che la Chiesa, soprattutto nel contesto italiano, hanno sempre dato delle
risposte per la vita. Certamente, negli ultimi anni le istituzioni pubbliche purtroppo
mettono le loro strutture anche a servizio della morte. D. –
Questo appello porta alla luce come, nonostante i mesi passino, ogni volta che si
presenta un caso estremo – prima quello Englaro, poi questo – sembra quasi essere
ancora al punto di partenza... R. – Sì, perché ci si sofferma
più sui principi ideologici che non sulla risposta, su un sostegno alla vita reale.
Come diceva il nostro carissimo fondatore, don Oreste Benzi, un popolo che non sa
stare al passo dei deboli e dei piccoli e che lascia indietro gli ultimi non è un
popolo, ma è un’accozzaglia di gente. I nostri governanti hanno il dovere di rispondere
al grido di queste famiglie e far sì che lo Stato risparmi dei denari tenendo presso
di sé i propri cari. D. – Quanto c’è il rischio che questa
vicenda ora venga strumentalizzata? R. – La strumentalizzazione
è sempre dietro l’angolo. E’ tempo di finire con queste contrapposizioni. E’ tempo
di unirsi per dire sì alla vita: un sì concreto. Noi dobbiamo destinare le risorse
della nazione alla famiglia, che è ancora il cuore pulsante della società. D.
– Può essere anche questa l’occasione per chiedere di accelerare i tempi, per una
riflessione chiaramente ponderata e matura su una legge in questa materia? R.
– Sì, certamente. La legge però deve essere per la vita. Purtroppo, invece, le lobby,
che hanno anche degli interessi economici, hanno una grossa influenza. Quindi, non
sempre si arriva poi a fare delle leggi a servizio della vita, ma piuttosto leggi
a servizio di potentati economici che hanno degli interessi molto forti.