Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
In questa quarta Domenica del Tempo ordinario la liturgia ci presenta il passo del
Vangelo in cui Gesù spiega le Scritture nella Sinagoga di Nazareth, suscitando in
tutti meraviglia per le parole da lui pronunciate. Ma nello stesso tempo si domandano
increduli: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Gesù risponde:
“Nessun
profeta è bene accetto nella sua patria”.
Su questo brano del Vangelo,
ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Dogmatica
alla Pontificia Università Lateranense:
C'è una meraviglia
e un'ammirazione corrispondente, che nasce dall'essere stupiti e superati dall'altro
rispetto alle proprie precomprensioni e quindi alle proprie attese. In esse, la piccolezza
del proprio "io", che svolge la funzione di misura prima ed ultima, resta il punto
determinante. C'è un'altra meraviglia che scocca non per il fatto che la propria misura
venga trascesa o contraddetta, ma in una apertura tendenzialmente illimitata al Mistero
che si rende presente. La prima ammirazione chiude alla relazione: più si ammira e
meno si entra in relazione con l'altro reale. La seconda introduce all'incontro col
mistero dell'altro e di Dio.
Gesù leggendo nei cuori,
dopo aver rivelato il mistero della Sua Persona, smaschera la falsità di una meraviglia
che non vuole andare al di là di se stessa, rimanendo la propria, la meraviglia di
loro proprietà. Gesù dopo aver detto la verità su di sé, dice la verità su di loro
e mentre prima «tutti erano meravigliati» (22), dopo la Sua scopertura «tutti - scrive
Luca - si riempirono di sdegno» (28). Più che dinanzi ad un mutamento repentino, siamo
di fronte ad una manifestazione, ad una esplicitazione. Come già il Salmo recitava:
«Allora credettero alle Sue parole e cantarono la Sua lode./ Presto dimenticarono
le Sue opere, non ebbero fiducia nel Suo progetto, arsero di desiderio e tentarono
Dio» (Sal 106, 12-14).