Ue: allarme disoccupazione. Mons. Miglio: ripensare i modelli di sviluppo
E’ sempre più allarme lavoro. In Italia, il tasso di disoccupazione a dicembre è salito
all'8,5% dall'8,3% di novembre. Lo rende noto l'Istat precisando che la crescita rispetto
all'anno precedente è di 1.5 punti percentuali. Situazione peggiore nell’eurozona
dove il tasso di disoccupazione è salito ai livelli più alti dal 1998. Sentiamo Paolo
Ondarza
Su questi
dati LucaCollodi ha sentito mons. Arrigo Miglio, vescovo d’Ivrea
e presidente della Commissione episcopale della Cei per i problemi sociali e il lavoro:
R. - Quando
si pensa alla vastità di questo problema pensiamo alle famiglie e quindi questi milioni
di disoccupati vogliono dire centinaia di migliaia di famiglie. Ma io vorrei anche
pensare alle piccole e medie imprese che subiscono il contraccolpo di questa situazione
economica e soprattutto piccole e medie imprese che rischiano di non rialzarsi più
e di restare a terra per sempre, di scomparire. Alcuni hanno la forza per affrontarla
e altri invece ne rimangono travolti. Quindi, il discorso si proietta anche per il
futuro.
D. - Il dato accomuna l’Italia anche ai Paesi dell’Europa. Anche
l’Unione Europea è in difficoltà. Quindi questo significa, mons. Miglio, che anche
le politiche adottate finora non hanno dato gli effetti sperati?
R.
– Sì, ormai tutti hanno capito che non si può ragionare solo a dimensione nazionale
su questi problemi. Forse non tutti si rendono conto che neanche la dimensione europea
è sufficiente. C’è una dimensione di globalizzazione che va tenuta presente e che
preme non solo sui nostri singoli Paesi ma sull’Unione Europea. Questo, ad esempio,
l’Enciclica Caritas in veritate lo dice in maniera chiarissima. Abbiamo ancora bisogno
di capire di interiorizzare bene questo dato. Ormai il confronto è globale e mondiale
ed è confronto su cui pesano molto i cinque Paesi emergenti. Se n’è parlato molto
a dicembre, in occasione del vertice di Copenaghen per i problemi ambientali. Ma,
evidentemente, questi Paesi pesano anche per quanto riguarda la nostra crisi occupazionale
e tutto il problema dell’economia mondiale. Quindi, dobbiamo imparare tutti, e a tutti
i livelli, a ragionare in termini sempre più globalizzati e questo è un aspetto importante.
La Caritas in veritate dice anche in maniera molto chiara, ma riprende già Paolo VI
- figuriamoci - 40 anni fa, di ripensare il modello di sviluppo. Ripensare il modello
di sviluppo vuol dire ripensare i nostri stili di vita, i nostri tenori di vita. E
l’impressione è che su questi temi di fondo si continui un po’ a girare intorno sperando
che passi la crisi e tutto torni come prima: cosa che non é possibile.
D.
– Chi deve intervenire per risolvere questi problemi della disoccupazione e della
povertà? Secondo lei, chi ha a cuore la cosa pubblica ha la capacità di capire la
gravità del momento e quindi di intervenire, oppure ci si limita a gestire l’esistente
sperando in qualcosa di non ben chiaro?
R. – A me
pare importante non concentrare soltanto le responsabilità e quindi anche il dovere
di progettare su chi si occupa della cosa pubblica. C’è la voglia di impresa anche
da parte di piccole realtà, da parte di singole persone. E’ un problema della società
civile, non è soltanto un problema dell’autorità statale che certamente ha una grossa
responsabilità e dei grossi doveri. Ma io allargherei il discorso anche alle altre
componenti della società civile.
D. – La vicenda
della Fiat. Parliamo di disoccupazione e di lavoro: lei è vescovo, mons. Miglio, di
una città come Ivrea che è molto vicina alla realtà Fiat. Qual è la sua riflessione?
Questa cassa integrazione che chiude gli stabilimenti in Italia per due settimane
che ha creato anche preoccupazione tra i sindacati e lo stesso governo...
R.
– Certamente, però al di là dei problemi che la Fiat si trova ad affrontare in questo
momento a me pare che anche qui il discorso si allarghi: dire Fiat vuol dire automobili,
autotrasporti, vuol dire il problema del traffico. Il nostro Paese ha fatto negli
ultimi 50 anni delle scelte in determinate direzioni per quanto riguarda i trasporti
e il traffico. Il problema del traffico è legato molto al problema ambientale. I problemi
della Fiat sono più immediati, i problemi dei lavoratori non possono aspettare prospettive
pluriennali, decennali: vanno affrontati subito. Ma non é proprio possibile immaginare
una politica diversa dei trasporti? Ripensare a tutto l’impatto ambientale che il
traffico attuale ha sotto tanti punti di vista? Mi piacerebbe che queste problematiche
legate alla situazione attuale della Fiat venissero affrontate anche con un orizzonte
un po’ più vasto: pensiamo l’immediato ma proviamo a guardare avanti e a essere critici
sui modelli che abbiamo seguito finora.(Montaggio a cura di Maria Brigini)