La deposizione di Blair sull’Iraq: non avevo dubbi sulle armi di distruzione di massa
di Saddam
“Francamente, credevo oltre ogni dubbio che Saddam Hussein avesse armi di distruzione
di massa”: così ha detto l'ex premier britannico, Tony Blair, alla Commissione d'inchiesta
sull'Iraq, stamani al Queen Elizabeth Centre di Londra. Da parte sua, il presidente
della Commissione, Sir John Chilcot, aprendo la sessione ha ricordato che “questo
non è un processo” e che Blair appare come testimone. Il servizio di Fausta Speranza:
“Per
le prove che avevo all'epoca, era ragionevole ritenere che quella delle armi di distruzione
di massa fosse una minaccia significativa”. Blair difende così il suo operato sull’Iraq.
Poi, smentisce che il governo fece inserire nei dossier dell'intelligence l'idea
che Baghdad potesse usare le armi di distruzione di massa in 45 minuti, ammettendo
però di aver detto così nel suo intervento ai Comuni nel settembre 2002, anche se,
ha precisato, “senza troppa enfasi”. L’enfasi la pose la stampa nel rilanciare l’affermazione
che Blair ora non rinnega. L'ex premier ammette che avrebbe dovuto precisare di volersi
riferire ad un uso interno e non internazionale. Poi cita l’11 settembre per dire
che prima delle Torri Gemelle si pensava che Saddam Hussein - il cui regime definisce
“brutale” - fosse un rischio, ma che dopo gli attentati la percezione di Usa e Gran
Bretagna "cambiò drammaticamente”. Non era solo un attacco a questi due Paesi ma altri
Paesi non avevano - spiega Blair - la stessa percezione. L'ex premier conferma di
aver assicurato a Bush pieno appoggio alle sue scelte, con sanzioni, ispezioni e,
se vi si fosse arrivati, con la forza militare”. Blair è arrivato con quasi due ore
di anticipo ed è entrato da un ingresso secondario per evitare le centinaia di manifestanti
riuniti. Uno di loro quando Blair ha cominciato a deporre ha iniziato a leggere nomi
di civili e militari morti in Iraq.
I talebani prendono
tempo prima di rispondere all’invito di Karzai ai colloqui di pace I leader
talebani decideranno a breve se partecipare ai colloqui di pace con il governo afghano,
rispondendo così all'invito del presidente Karzai. Dopo nove anni di conflitto sanguinoso
con la comunità afghana e internazionale, Karzai ha invitato i talebani a partecipare
ad una 'loya jirgà, una conferenza di pace tra gli anziani delle tribù del Paese,
nel tentativo di avviare un processo di pacificazione nazionale. Intanto, nell'Afghanistan
meridionale, quattro uomini armati e con cintura esplosiva hanno ingaggiato questa
mattina un conflitto a fuoco con le forze di sicurezza in un edificio. Dieci giorni
fa, un gruppo di kamikaze ha attuato una serie di attacchi in contemporanea nel centro
di Kabul.
Attacco di Bin Laden su questioni climatiche Il capo di
al Qaeda, Osama Bin Laden, attacca le nazioni industrializzate per i cambiamenti climatici.
In un messaggio audio trasmesso dalla tv satellitare al Jazira, Bin Laden ha condannato
esplicitamente gli Stati Uniti, in particolare l'ex presidente Bush, a suo dire colpevole
di non aver aderito al Protocollo di Kyoto, e gli altri Paesi industrializzati perchè
“responsabili” dei cambiamenti climatici del pianeta.
Violentissima battaglia
a Mogadiscio Una violentissima battaglia, probabilmente la più intensa dall'inizio
dell'anno, è in corso dalla tarda serata di ieri a Mogadiscio. Al momento, sarebbero
almeno una decina di morti, quasi tutti civili - tra loro, sembra, anche alcuni bimbi
- e più di una ventina di feriti. Lo rendono noto siti somali concordi citando fonti
ospedaliere e testimonianze dal posto. Secondo alcune agenzie, il presidente della
Repubblica somala, Sharif Sheikh Ahmed, nonostante l'infuriare della battaglia avrebbe
festeggiato il primo anno di mandato in compagnia di un centinaio di dignitari. Lo
scontro è stato lanciato dagli Shabaab, il braccio armato somalo di al Qaeda, contro
alcune guarnigioni dell'Amisom, i peacekeeper panafricani schierati dall'Unione
Africana, che non riescono a bloccare l'avanzata degli integralisti islamici. Intanto,
il sud del Paese è del tutto nella mani degli Shabaab, come buona parte del centro
e dell'ovest, oltre al controllo praticamente completo di Mogadiscio. Il Governo federale
di transizione (Tfg), pur avendo il pieno appoggio e riconoscimento internazionale,
è debolissimo sul territorio.
Debito pubblico e crisi tra le preoccupazioni
emerse a Davos Ancora segnali contrastanti sulla ripresa dell’economia mondiale:
provengono dal Forum economico mondiale di Davos, in Svizzera. A preoccupare maggiormente
le economie occidentali è l’ampiezza del debito pubblico e l’efficacia delle misure
messe in atto fino ad oggi per rilanciare i mercati. A proporsi come locomotiva dell’economia
mondiale è stata la Cina che, invece, forte dei dati macroeconomici che la caratterizzano,
ha rivendicato una maggiore attenzione da parte dell’Occidente. A Ugo Bertone,
giornalista esperto di economia, Stefano Leszczynski ha chiesto se la Cina
sia effettivamente in posizione di superiorità economica rispetto all’Occidente:
R. – I numeri
dicono che è così, perché sostanzialmente la Cina è cresciuta nell’ultimo trimestre
del 10 per cento: ha immesso nell’economia 585 miliardi di dollari ed è riuscita,
in questa fase, a evitare di finire coinvolta nel problema del suo maggior cliente,
gli Stati Uniti d’America. Bisogna ora vedere se le cose continueranno ad andare avanti
così. Quello che va detto è che in questo momento la Cina può far valere il suo peso
anche in politica.
D. – Se in politica la contrapposizione
Occidente-Oriente è andata scemando, in economia sembra si faccia sempre più forte:
tra l’altro, con un Occidente molto zoppo com'è quello di oggi in materia economia.
Addirittura, nell’Unione Europea si è arrivati a rimettere in dubbio da alcune parti
la validità della moneta unica…
R. – Diciamo che,
fortunatamente, la nascita e la crescita dell’euro hanno prodotto dei grandi significati
economici. Basti pensare a come è profondamente cambiata la struttura economica del
nostro Paese. In un momento un pò particolare come questo, il rischio sostanziale
è che l’euro vada sotto pressione. Ci vuole un grande gesto politico.
D.
– Il presidente della Bce ha lanciato anche un altro grave allarme, quello relativo
al debito degli Stati Uniti e dell’Unione Europa…
R.
– Io, obiettivamente, non vedo in questo momento prospettive di grande crescita. Sono
abbastanza convinto che prima o poi rischiamo di affrontare una situazione finanziaria
in cui qualcuno forse non ce la farà, perché siamo – da un certo punto di vista –
obbligati ad andare d’accordo, obbligati ad essere altruisti. Cosa, questa, che non
sempre può essere capita da democrazie che devono affrontare problemi elettorali e
così via.
Apertura ufficiale dell’Anno giudiziario
in Italia Breve colloquio tra il presidente della Repubblica italiana, Giorgio
Napolitano, ed il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, al termine dell’inaugurazione
dell'anno giudiziario a Roma. Il capo dello Stato e il premier hanno lasciato insieme
il luogo dove si è tenuta la cerimonia e si sono successivamente fermati per parlare
per tre-quattro minuti, prima di lasciare il Palazzo della Cassazione. Il ministro
della Giustizia, Angelino Alfano, ha detto che “riformare la giustizia serve all'Italia
intera e serve farlo adesso senza indugi e senza tentennamenti”. Il ministro ha sottolineato
la necessità, tra l'altro, di procedere alla separazione tra pm-giudici. E ha ribadito
il rispetto per l'autonomia e l'indipendenza dei magistrati, aggiungendo tuttavia:
“I giudici siano soggetti soltanto alla legge, ma la legge la fa il parlamento, libero,
democratico, sovrano, espressione del popolo italiano”. Da parte sua, il presidente
dell'Associazione nazionale magistrati, Luca Palamara, parlando con i giornalisti
ha sottolineato: “La magistratura non è in conflitto con nessuno; noi non vogliamo
lo scontro, diciamo basta ad un clima di aggressioni nei nostri confronti e chiediamo
riforme nell'interesse di tutti, per l'efficienza del sistema”. Palamara ha ribadito
così le ragioni per le quali i magistrati domani attueranno una manifestazione di
protesta durante le cerimonie di inaugurazione dell'anno giudiziario nelle Corti d'appello.
Sri
Lanka Gli Stati Uniti hanno stabilito in Sri Lanka un canale di contatto con
il candidato oppositore sconfitto Sarath Fonseka, dopo i timori per la sicurezza da
lui manifestati, e sono pronti a prendere qualunque iniziativa utile. Lo scrive il
quotidiano on line cingalese ColomboPage. Il giornale cita la risposta dell'assistente
segretario nel Dipartimento di Stato, Philip Crowley, nel corso di una conferenza
stampa ieri: “Siamo molto attenti alla situazione e siamo stati in contatto con il
generale Fonseka attraverso la nostra ambasciata riguardo ai problemi di sicurezza
intorno a lui”. “Il presidente (Mahinda Rajapaksa, ndr) - conclude Crowley - dopo
la vittoria ha un’opportunità per andare avanti nel processo di riconciliazione cominciato
e con la concessione di responsabilità alle province, e per la credibilità del Paese,
una volta che il conflitto con le Tigri Tamil è terminato”. Fonseka, che ha una 'green
card' concessagli dal governo statunitense, ha sostenuto che la sua vita è in pericolo
dopo che tutto il dispositivo di sicurezza di cui disponeva gli è stato ritirato,
e che meditava anche di chiedere temporaneamente asilo ad un Paese straniero (Usa,
Gb o Australia) se non fosse che le autorità locali gli impediscono di lasciare il
Paese.
Brasile, 65 morti per le piogge torrenziali Le piogge torrenziali
che si abbattono sullo Stato di San Paolo (sudest del Brasile) da dicembre, senza
interruzione, hanno provocato la morte di 65 persone. Lo ha reso noto il governo dello
Stato di San Paolo. Piove ininterrottamente da 37 giorni sulla città di San Paolo,
metropoli con 11 milioni di abitanti, provocando l'inondazione di molte grandi arterie
cittadine. Secondo l'Istituto nazionale di meteorologia, non si registra un gennaio
così piovoso dal 1947. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza) Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 29 E'
possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del
Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
sito www.radiovaticana.org/italiano.