La Chiesa in Malaysia: “c'è chi soffia sul fuoco del conflitto religioso”
In Malaysia alcuni individui o gruppi di provocatori cercano di soffiare sul fuoco
del conflitto religioso. Il copione è noto: si colpiscono e si profanano i luoghi
di culto e i simboli che sono più cari ai sentimenti dei credenti per scatenare una
reazione e accendere la miccia dello scontro. La stessa dinamica si è verificata in
passato in Indonesia, in Nigeria, in India e in atri contesti, dove episodi di atti
vandalici hanno innescato reazioni violente, degenerate in conflitto aperto fra comunità,
con morti e feriti. “Si teme, ora, che individui o gruppi di estremisti cerchino di
fomentare l’odio interreligioso anche in Malaysia, sfruttando il caso del controverso
utilizzo del nome Allah per i non musulmani”, dice all’agenzia Fides fra Augustine
Julian, segretario della Conferenza episcopale della Malaysia, Singapore e Brunei.
Dopo gli atti vandalici contro 11 chiese, un tempio sikh, tre moschee e due aule di
preghiera musulmane – episodi avvenuti fra l’8 e il 27 gennaio – il Ministro degli
Interni malaysiano, Seri Hishammuddin Hussein, è intervenuto pubblicamente chiedendo
alla popolazione, di avere pazienza e di attendere la ricerca dei colpevoli. “Siamo
molto determinati. Sospetto che vi sia lo scopo di portare il Paese nel caos. Vogliono
scontri fra comunità di diversa etnia e religione”, ha detto il Ministro. “Siamo comunque
confortati dal fatto che l’opinione pubblica condanna fortemente questi atti e non
sembra seguire i provocatori. La situazione è sotto controllo”, nota a Fides fra Julian.
Esprimendo solidarietà alla comunità islamica, il “Malaysian Consultative Council
of Buddhism, Christianity, Hinduism, Sikhism and Taoism”, organismo che promuove il
dialogo interreligioso, ha ricordato che “ogni violenza contro un luogo di culto è
un peccato gravissimo”. “Il fine di tali atti è provocare uno scontro fra le comunità
religiose nel Paese. Ma tutti i cittadini che amano la legalità e la pace non devono
consentire che questo avvenga. Restiamo uniti”, recita un comunicato inviato all’agenzia
Fides. Intanto, per la vicenda sull’utilizzo del nome Allah, il governo ha fatto trapelare
la sua disponibilità a trovare una soluzione negoziale con la Chiesa cattolica, senza
continuare nella battaglia giudiziaria. Si attende ora l’incontro fra il Primo Ministro
Najib Razak e l’arcivescovo di Kuala Lumpur, mons. Murphy Pakiam, che potrebbe essere
decisivo per sbloccare la situazione. (R.P.)