2010-01-27 14:58:58

Haiti: la terra continua a tremare


Ad Haiti la terra continua a tremare: nella notte è stata registrata una scossa di 4.9 della scala Richter. Ieri, intanto, è stato salvato un uomo di 31 anni. Sembra sia rimasto sotto le macerie per almeno 12 giorni dopo una delle tante scosse di assestamento seguita al sisma del 12 gennaio. Nel Paese caraibico la priorità adesso è quella di avviare l’iter della ricostruzione, come ribadisce al microfono di Emanuela Campanile, il responsabile dell’area internazionale della Caritas italiana, Paolo Beccegato:RealAudioMP3

R. - La primissima emergenza è finita o comunque sta finendo. Passiamo adesso alla fase successiva in cui bisogna assistere migliaia di persone. Si parla di circa 800 mila persone che sono in questo momento senza casa, soprattutto a Port-au-Prince. Si parla poi di 250 mila persone che sono già scappate dalla capitale. Contemporaneamente, bisogna pensare anche a piani di più lungo periodo, come la ricostruzione delle case, delle strutture, con progetti anche generanti reddito.

 
D. - Quali sono le incognite più grandi quando si organizza una macchina di aiuti di questo genere?

 
R. - C’è un problema enorme che è quello dell’aumentare dell’inflazione. C’è una scarsità dell’offerta, soprattutto dei generi di prima necessità, dovuta a tutti i crolli e alle difficoltà interne al Paese. Poi è chiaro che in questo caso oltre a normali problemi di sicurezza, ad Haiti soprattutto il problema della violenza urbana è particolarmente grave. Gli operatori umanitari rischiano in alcuni casi saccheggi o comunque possono andare incontro a situazioni difficili. Poi il discorso della ricostruzione e dello sviluppo in un Paese già colpito dalla povertà pone tutta una serie di difficoltà e di sfide che ad Haiti diventano più complesse. Penso, ad esempio, al problema della deforestazione. Haiti resta un Paese molto a rischio dal punto di vista della prevenzione di uragani futuri. C’è dunque una serie di problemi che andranno considerati molto attentamente nelle fasi successive.

 
D. - Il progetto della Caritas è pluriennale. Si parla della ricostruzione di Haiti in 10 anni…

 
R. – Sono state fatte delle stime ancora molto approssimative. Secondo una del governo di Haiti sono necessari circa 3 miliardi di dollari per ricostruire solo la capitale. Noi come rete Caritas cercheremo di fare la nostra parte in coordinamento. Adesso, man mano che il tempo passa, sarà un po’ più facile sedersi attorno ad un tavolo e definire ogni aspetto degli interventi. Le difficoltà di coordinamento restano ma questo non vuol dire che non si stiano realizzando tanti progetti.

 
Esperti delle Nazioni Unite inviati ad Haiti hanno espresso preoccupazione anche per gli ingenti danni al patrimonio storico e culturale del Paese caraibico. Per la ricostruzione del tessuto sociale occorre, secondo l’Onu, investire sull’istruzione. Ad Haiti, intanto, il terremoto ha lasciato drammatiche e laceranti ferite anche nelle comunità di religiosi e missionari. Ad essere colpiti sono stati, in particolare, i salesiani. Ascoltiamo, al microfono di Fabio Colagrande, la giornalista Alessandra D’Asaro, a seguito del Volontariato internazionale per lo sviluppo (Vis) raggiunta telefonicamente a Port-au-Prince:RealAudioMP3

R. – I salesiani sono presenti ad Haiti già dagli anni Trenta. Avevano 9 case, di cui 6 sono state praticamente distrutte. In una di queste case, nella quale avevano una scuola che era anche un centro di accoglienza per bambini di strada, sono morti 300 ragazzi. Si deve poi sottolineare che i salesiani sono sempre stati per la popolazione di Haiti un punto di riferimento. Il fatto che queste case siano crollate a causa del terremoto rappresenta un problema non soltanto per i salesiani, ma anche per la popolazione stessa.

 
D. – Come si sono organizzati i missionari sopravvissuti dopo il terremoto?

 
R. – Continuano a vivere nelle case diroccate e dormono nelle tende. Nella comunità dei salesiani tre sacerdoti sono morti a causa del terremoto. Alcuni si sono salvati ed uno in particolare - padre Attilio - ora si trova all’ospedale di Santo Domingo. Ovviamente sono tutti sotto shock.

 
D. – Stanno provando lo stesso ad offrire il loro aiuto alla popolazione?

 
R. – Sì! Nella filosofia di Don Bosco c’è sempre un campo di calcio in ogni casa salesiana. In questi momenti il campo di calcio sta diventando un grande centro di accoglienza per tendopoli improvvisate. Ce ne è uno in particolare dove sono accolte circa 700 famiglie, alle quali viene dato anche da mangiare.

 
D. – Quale è la situazione ad Haiti?

 
R. – E’ drammatica. Gli haitiani sono diventati un popolo nomade. I cadaveri non ci sono più per le strade, ma si continua a sentire un odore forte. Questo fa pensare che sotto le macerie ci siano ancora migliaia di persone.

 
D. – In Italia prosegue la polemica sulla disorganizzazione dei soccorsi. Quale è stata l’impressione che hai avuto sul campo?

 
R. – Sicuramente si può dire che c’è stata una difficoltà nell’organizzazione. Chi arriva adesso ad Haiti, però, non ha idea della situazione dei primi giorni successivi alla scossa. C’erano cadaveri per le strade, non si riusciva a camminare a causa delle macerie ed era molto difficile soccorrere i sopravvissuti. A causa del terremoto sono morti molti dirigenti sia delle Nazioni Unite sia di tutto il governo haitiano. Era veramente complicato, quindi, coordinare tutto.

 
D. – Di cosa c’è bisogno? Di denaro, di aiuti?

 
R. – In questo momento c’è bisogno di denaro. Per quanto riguarda gli aiuti, invece, si è addirittura creato un “tappo” all’aeroporto di Port-au-Prince. Se si riuscisse a dare qualche somma di denaro anche proprio alle comunità di religiosi presenti ad Haiti, sarebbe certamente l’opera migliore che in questo momento si possa fare.







All the contents on this site are copyrighted ©.