Al via la conferenza di Londra: Afghanistan e Yemen al centro dei colloqui
Londra per due giorni sarà al centro dell’attività diplomatica internazionale, con
due vertici di primo piano. Il primo, oggi pomeriggio, dedicato allo Yemen, il secondo,
domani, all’Afghanistan. In entrambi i casi, l’argomento su cui si discuterà sarà
la lotta al terrorismo e la sicurezza internazionale. Eppure, in molti credono che
non si giungerà ad alcun risultato concreto. Salvatore Sabatino ne ha parlato
con Antonio Varsori, docente di Relazioni internazionali presso l’Università
di Padova:
R. – Io credo
che, come sempre in questi casi, l’importanza sia data dal fatto che si tratta di
uno scambio di opinioni e quindi la possibilità di chiarire, di razionalizzare e probabilmente
di trovare delle risposte che non siano di breve periodo, ma piuttosto di medio e
lungo periodo. Faccio un esempio concreto: nel caso dello Yemen, dopo le prime reazioni,
sembrava addirittura che si dovesse puntare ad un intervento militare diretto dagli
Stati Uniti. In realtà, c’è un atteggiamento più cauto e più prudente. Credo, quindi,
che questo incontro servirà soprattutto per dare una valutazione più attenta e più
ponderata sia di una situazione, sia dell’altra.
D.
– I Paesi partecipanti hanno già ribadito il sostegno finanziario e politico alle
autorità di Sana’a e Kabul. Quindi, professore, al Qaeda si combatte soprattutto attraverso
lo sviluppo?
R. – Io ritengo che questo sia uno degli
aspetti fondamentali. La lotta nei confronti del terrorismo è una lotta molto complessa,
che ha degli aspetti di carattere militare, degli altri di intelligence e poi
– se vogliamo – gli aspetti che possono determinanti sono rappresentati dalle scelte
di natura politica. In questo ambito è chiaro che, ad esempio, il sostegno economico
a questi Paesi - con l'intento di risolvere alcune situazioni particolari, perché
non è detto che alcune situazioni si risolvano soltanto con lo strumento di carattere
militare - rappresenta un aspetto significativo, quasi fondamentale.
D.
– Secondo lei, l’Europa saprà finalmente esprimersi ad una sola voce su argomenti
come la sicurezza internazionale?
R. – Se dovessimo
basarci sulle esperienze più recenti, non dovremmo essere molto ottimisti, anche perché
nella lotta al terrorismo entrano in campo interessi di natura nazionale molto forte.
Io sono sufficientemente pessimista. Spero di essere smentita dai fatti.
Ali
Khamenei torna a minacciare Israele: "verrà distrutto" Nel giorno delle celebrazioni
in tutto il mondo della Giornata della Memoria per le vittime dell’Olocausto, la guida
suprema dell'Iran, Ali Khamenei, ha di nuovo invocato la scomparsa di Israele. “Di
sicuro verrà il giorno - ha dichiarato la guida suprema – in cui le nazioni della
regione vedranno la distruzione del regime sionista”. Le frasi di Khamenei rilanciano
l’appello del presidente, Mahmoud Ahmadinejad, a “cancellare Israele dalla mappa del
mondo” e a interpretare l'Olocausto come un “mito”.
Monito dell'Iran agli
Stati del Golfo: non usate basi Usa contro di noi Nuovo monito di Teheran contro
gli Stati Uniti questa volta con un avvertimento diretto ai Paesi del Golfo, “rei”
di ospitare basi Usa sul proprio territorio. Il presidente del parlamento iraniano,
Ali Larijani, in visita in Kuwait, ha esortato infatti gli Stati arabi del Golfo a
vietare l’utilizzo delle basi americane nei loro territori in caso di attacco all’Iran.
L’allusione di Larijani è a Kuwait, Bahrain e Qatar, tutti membri del Consiglio di
Cooperazione del Golfo.
Iraq-Iran: le truppe di Teheran si ritirano dal
campo petrolifero di Fakka I soldati iraniani che avevano assunto il
controllo del pozzo di Fakka, lungo la frontiera fra Iraq e Iran, hanno abbandonato
oggi la loro base e sono tornati alle loro posizioni iniziali, dopo oltre un mese
dall'inizio della crisi. Lo scorso 18 dicembre, una decina di militari di Teheran
era avanzata nel territorio conteso, erigendo una base provvisoria nel perimetro del
campo petrolifero, il cui controllo è rivendicato anche da Baghdad. La crisi aveva
inizialmente fatto schizzare il prezzo del petrolio nei mercati internazionali.
Iraq:
al Qaeda rivendica gli attentati contro gli alberghi a Baghdad Il ramo iracheno
di Al Qaeda ha rivendicato oggi gli attentati di lunedì scorso contro tre hotel a
Baghdad, che hanno causato la morte di almeno 36 persone. Sempre nella capitale, questa
mattina un gruppo di uomini armati ha preso d’assalto un pullman di pellegrini iraniani
provocando due vittime. L'attacco è avvenuto all'indomani di un altro grave attentato
kamikaze contro l'Istituto di medicina legale del Ministero degli interni iracheno.
La nuova scia di violenza, con un bilancio di oltre cinquanta vittime, coincide con
l'approssimarsi delle elezioni legislative e presidenziali del prossimo 7 marzo.
Scintille
al confine tra le due Coree: colpi di artiglieria nel Mar Giallo Nuove pericolose
tensioni fra Pyongyang e Seul. La Corea del Nord ha sparato diversi colpi di artiglieria
dalla costa occidentale nelle acque del Mar Giallo, a sud della "Northern Limit Line"
(Nll), la linea di confine fra i due Stati, tracciata dopo il conflitto del 1950-1953
e mai riconosciuta da Pyongyang. Seul avrebbe risposto al fuoco. Ieri, la Corea del
Nord aveva dichiarato il bando alla navigazione in una vasta area nelle acque del
Mar Giallo. Zona che, secondo fonti militari di Seul, verrà utilizzata per nuovi test
missilistici.
Usa: attesa per il primo discorso di Obama sullo stato dell’Unione Appuntamento
storico, stasera, per il primo discorso sullo stato dell’Unione del presidente statunitense.
Barack Obama dovrà convincere democratici, repubblicani e indipendenti a credere ancora
in lui, a un anno dal suo ingresso alla Casa Bianca. “Preferisco essere un buon presidente
per un solo mandato che uno mediocre per due mandati”, ha dichiarato all'emittente
Usa AbcNews, alla vigilia. Secondo le previsioni, Obama parlerà di misure a
sostegno di famiglie e lavoratori, ma anche di congelamento della spesa pubblica per
tre anni così da ridurre il deficit federale.
India: 60.mo anniversario
della Repubblica L’India ha celebrato ieri il 60.mo anniversario della proclamazione
della Repubblica e dell’entrata in vigore della Costituzione, avvenuti il 26 gennaio
1950. La più grande democrazia del mondo si avvia ad avere un peso economico e politico
sempre più importante: quale sarà in questo scenario il ruolo della Chiesa cattolica?
Emer Mc Carthy ha intervistatoil cardinale Oswald Gracias, arcivescovo
di Mumbai e presidente dei vescovi indiani:
R. – Io penso
che l’India abbia fatto molto, nonostante ci sia ancora molto da fare. E penso che
la Chiesa in India sia ancora viva e questa è una cosa bella. Anche il governo ha
fatto molto per il popolo. Rispetto a 30 anni fa, la situazione è molto differente.
Oggi, la gente ha la possibilità di un’educazione, di migliorare la propria salute.
Anche la situazione socio-economica dell’India è molto differente: la povertà non
è stata abolita, esiste, ma è diminuita, specialmente nelle città.
D.
– Eminenza, quali sfide lei pensa che la Chiesa e il governo debbano ancora affrontare
nell’India di oggi?
R. – Una sfida importante sta
nel fatto che il governo deve prestare attenzione anche al popolo nei villaggi, perché
ancora oggi ci sono località dove non c’è elettricità, non ci sono buone scuole e
dunque la gente non ha la possibilità di avanzare economicamente, socialmente. La
Chiesa deve aiutare il governo. La Chiesa è piccola - siamo il 2,3 per cento della
popolazione, siamo una minoranza - ma anche se siamo in pochi facciamo tanto per la
gente. Ci sono diverse culture e diverse religioni e noi facciamo uno sforzo per radunare
tutti, per dialogare con tutte le religioni.
D. –
Sono passati sessant'anni dalla Costituzione indiana, dove è sancita la libertà religiosa.
E’ facile predicare la Parola di Dio nell’India di oggi?
R.
– In diverse zone c’è questa possibilità, ma in altre la gente ha paura: tutti sanno
quello che è accaduto in Orissa, l’anno scorso. Noi dobbiamo stare attenti. Direi
che questa è una fase temporanea, che passerà. Spero che presto potremo predicare
il Vangelo dappertutto.(Montaggio a cura di Maria Brigini) Myanmar:
gli Stati Uniti tornano a chiedere la liberazione di Aung San Suu Kyi Gli Stati
Uniti insistono per la liberazione immediata di Aung San Suu Kyi, la leader dell'opposizione
birmana agli arresti domiciliari per volontà della giunta militare che governa il
Paese. Uno dei portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Philip Crowley, ha definito
“infelice” l'ipotesi riportata dai media birmani secondo cui la donna potrebbe restare
in stato d'arresto fino alla fine di novembre, “stranamente, fino a dopo le elezioni”,
ha commentato Crowley. “Noi - ha concluso - continueremo a chiedere al governo birmano
che le renda la libertà”.
Honduras: insediamento del nuovo capo di Stato,
Profirio Lobo Con l’insediamento previsto per oggi del nuovo capo dello Stato,
Porfirio Lobo, eletto lo scorso novembre, sembra avviarsi alla conclusione la crisi
politica dell’Honduras. Una crisi iniziata sette mesi fa, con un colpo di Stato dei
vertici militari e delle massime istituzioni che avevano portato alla deposizione
del presidente, Manuel Zelaya. L’elezione di Lobo - che ha sostituito il presidente
ad interim, Roberto Micheletti, non riconosciuto dalla comunità internazionale
- è stata accolta positivamente dagli Usa. Zelaya, lascia oggi l'Ambasciata brasiliana,
dove si era rifugiato dopo il suo ritorno in Honduras, per recarsi nella Repubblica
Dominicana.
Medio Oriente: vertice a sorpresa tra Egitto e Israele Il
presidente egiziano, Hosni Mubarak, incontra oggi il ministro della Difesa israeliano,
Ehud Barak, a Sharm El Sheikh. L’incontro è stato convocato a sorpresa ieri sera.
Secondo indiscrezioni, i due parleranno di come far ripartire il processo di pace
in Medio Oriente dopo i colloqui di Mubarak con l'inviato del presidente Usa Obama,
George Mitchell ed esponenti palestinesi. Israele e Stati Uniti sperano che l'Egitto
possa far pressione sul presidente palestinese, Abu Mazen, perchè torni al tavolo
dei negoziati anche senza il congelamento totale dei nuovi insediamenti israeliani
nei Territori palestinesi.
Disarmo Entro alcune settimane, Russia
e Stati Uniti potrebbero definire il nuovo accordo per la riduzione degli armamenti
strategici, in sostituzione allo Start I scaduto lo scorso 5 dicembre. Ad affermarlo,
è il portavoce del Ministero degli esteri russo, Igor Lyakin-Frolov. I negoziati si
erano arenati a dicembre, anche se i presidenti dei due Paesi avevano assicurato la
loro disponibilità a definire l'accordo entro il 2009. (Panoramica internazionale
a cura di Roberta Rizzo)
Bollettino del Radiogiornale
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