La Chiesa dell’Honduras rinnova l'appello alla pace sociale
L’Honduras in queste ore, e fino a mercoledì 27, vive un processo politico e istituzionale
di grande rilevanza, che dovrebbe portare la vita cittadina ad una definitiva e duratura
normalizzazione democratica. Oggi, dopo l’elezione sabato scorso delle massime autorità
dell’Assemblea nazionale, s’insediano i 128 deputati in rappresentanza di cinque partiti.
Sarà anche il giorno dell’insediamento del sindaco della capitale Tegucigalpa e il
mercoledì prossimo sarà la volta del nuovo presidente Porfirio Lobo Sosa, eletto nel
novembre scorso. Intanto, l’ex presidente Zelaya, destituito il 28 giugno, circostanza
che ha causato una grave e prolungata crisi istituzionale, rifugiato presso l’ambasciata
del Brasile dal 27 settembre, dovrebbe lasciare il Paese nelle prossime ore recandosi
nella Repubblica Dominicana. In questo contesto, ieri, nel corso della Santa Messa
- assente il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, impegnato
come presidente della Caritas internazionale nell’organizzazione degli aiuti ad Haiti
- il vicario della cattedrale padre Juan Carlos Martínez, ha rinnovato l’appello dell’episcopato
in favore della “pace sociale, del dialogo e della riconciliazione”. Nessuno deve
mai dimenticare, ha osservato il vicario “che alla nostra patria le divisioni e le
lotte egoistiche fanno un grande male e lo stesso accade quando chi vuole difendere
solo interessi particolari senza curarsi minimamente degli interessi di tutti e del
bene comune. Il nostro Paese, la nostra cara Honduras - ha proseguito padre Martinez
- ha bisogno di uomini e donne che nonostante la pensino diversamente siano capaci
di riconoscersi reciprocamente come fratelli. Noi tutti siamo nella stessa barca e
se affonda finiremo per affondare tutti”. Con riferimento alle nuove autorità che
assumono, per volere democratico, le redini del potere per portare la nazione fuori
dalla crisi, il vicario della cattedrale, ribadendo le parole dell’episcopato, ha
ricordato che “desiderare il fallimento di questo e di quel gruppo, di questo o di
quel governo, non è una cosa seria e responsabile” e, infine, ha osservato che “in
Honduras è necessario mettere fine agli scontri lasciando il posto alle diversità
che arricchiscono. Così come le vere minacce nel Corpo di Cristo e all’unità della
Chiesa non provengono dalle differenze bensì dalla pretesa di alcuni di erigersi quali
giudici contro gli altri”, nella società honduregna “comportamenti di disprezzo tra
fratelli ostacolano la crescita dell’unità del corpo nazionale”. Intanto, da ieri,
a Tegucigalpa stanno arrivando decine di leader del continente americano, dell’Europa,
dell’Africa e dell’Asia, nonché numerose personalità politiche internazionali, per
prendere parte all’insediamento del nuovo presidente e tutti, nelle loro dichiarazioni,
esprimono solidarietà con la Nazione honduregna e esprimono il desiderio di dare un
contributo alla normalizzazione democratica e al superamento delle divisioni e antagonismi
interni. (A cura di Luis Badilla)