Si apre oggi a Montreal, in Canada, la Conferenza dei Paesi donatori per coordinare
le operazioni di soccorso ad Haiti. Al vertice, il primo dal sisma del 12 gennaio,
partecipano anche il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ed il premier
di Haiti, Jean-Max Bellerive. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Il vertice
è l’occasione per fare il punto sulle operazioni umanitarie e preparare il terreno
per una conferenza allargata in vista della ricostruzione. Nel Paese caraibico, intanto,
i senzatetto sono almeno 250 mila e altri 200 mila residenti di Port-au-Prince hanno
abbandonato la capitale per trasferirsi in zone limitrofe. Ogni giorno, si formano
lunghe file di persone bisognose di aiuti e assistenza davanti ai punti di distribuzione
gestiti dall’Onu e da organizzazioni non governative. Ecco alcune testimonianze raccolte
dalla televisione pubblica spagnola Tve:
R. – Son dos semanas… “Sono
due settimane che siamo in casa senza soldi, senza cibo e senza niente per vivere.
E’ per questo che veniamo per avere dei soldi”.
R.
– Nosostros semos victimas… “Noi siamo vittime … stiamo qui per cercare
di trovare qualcosa da mangiare, perché finora non sono arrivati gli aiuti. Ci sono
molte persone che stanno aspettando acqua, cibo e un posto dove dormire. Arriviamo
qui per cercare qualcosa da mangiare, dell’acqua e un lavoro. Non stiamo facendo disordini!”.
La
macchina degli aiuti continua ad operare tra enormi difficoltà. Tra le organizzazioni
presenti ad Haiti c’è Terre des Hommes, collegata all’agenzia Agire.
Ascoltiamo Paolo Ferrara, di Terre des Hommes, raggiunto telefonicamente
da Massimiliano Menichetti a Les Cayes, località a 150 chilometri da Port-au-Prince:
R. – Il nostro
staff ha lavorato all’accoglienza di circa 50 mila sfollati. Abbiamo riorganizzato
l’ospedale pubblico e abbiamo riorganizzato le tendopoli e provveduto ad una distribuzione
di cibo in quella zona.
D. – Si lamenta la mancanza
di cibo, acqua e medicinali. Quale è la situazione?
R.
– Sono arrivati nuovi farmaci che ci permettono di continuare le operazioni in maniera
idonea. In questo momento è l’acqua uno dei punti nodali, perché è difficilissimo
recuperare l’acqua, e l’altro punto nodale è sicuramente il cibo.
D.
– In quali altri settori siete impegnati?
R. – Stiamo
iniziando anche a lavorare a Léogane, Petit Goave e Grand Goave, in quattro delle
tendopoli che sono state allestite fuori da Port-au-Prince. Léogane è il posto che
ha risentito di più del terremoto: circa l’80 per cento delle costruzioni sono state
distrutte. Qui offriremo supporto psico-sociale ai bambini e soprattutto accesso all’acqua.
D.
– C’è tensione tra la popolazione?
R. – La popolazione è allo stremo
e la mancanza di cibo ovviamente scatena pulsioni. Molti prevedono che nei prossimo
giorni ci saranno tensioni. Ora stiamo lavorando qui con suor Marcella e padre Giuseppe,
che erano già presenti da anni ad Haiti, per cercare di organizzare una distribuzione
di cibo.
Sulla situazione ad Haiti, Alessandra De Gaetano ha raccolto
la testimonianza di Edouard Jeune Joseph, scampato alla tragedia perché al
momento della scossa del 12 gennaio si trovava all’estero per motivi di studio:
R. – En parlant
des propositions concrètes… “Parlando delle proposte concrete, credo sia
necessario anzitutto pensare a rendere accessibile l’acqua, il cibo e l’assistenza
sanitaria perché coloro che sono sopravvissuti stanno vivendo delle gravi mancanze
per quanto riguarda proprio l’acqua, il cibo, le cure sanitarie. Ci sono inoltre ad
Haiti focolai di epidemie. Abbiamo bisogno quindi anche di un grande aiuto dal punto
di vista sanitario. E’ anche necessario pensare agli aiuti a lungo termine, soprattutto
per la situazione degli alloggi. Questo dovrebbe anzi rappresentare un obiettivo sia
a breve sia a lungo termine: è necessaria la costruzione di alloggi provvisori, perché
la gran parte dei sopravvissuti vive ancora in strada, spesso accanto a corpi in decomposizione.
Questo potrebbe poi costituire la base per la costruzione di nuove case. La stessa
priorità riguarda l’aspetto educativo e formativo”.
D.
– Lei ha da poco saputo che i suoi genitori sono vivi. In base alle informazioni ricevute
dai suoi parenti, quali sono ad oggi le stime sul bilancio delle vittime?
R.
– J’ai parlé a mes parentes, hier soir encore… Ho parlato con i miei genitori
e mi hanno detto che ogni sopravvissuto ha perso almeno cinque persone tra parenti
e amici. Vista poi la poca accessibilità all’acqua, al cibo e all’assistenza sanitaria,
il bilancio di questa catastrofe rischia di arrivare a 300 mila vittime.