Elezioni presidenziali in Sri Lanka: le speranze della Chiesa
Vigilia di elezioni in Sri Lanka, dove domani si terranno le presidenziali, le prime
dopo un sanguinoso conflitto durato quasi un trentennio che ha visto contrapporsi
esercito di Colombo e Tigri Tamil. A contendersi la prima carica del Paese, saranno
il presidente uscente Mahinda Rajapaksa e lo sfidante, l'ex comandante dell'esercito
Sarath Fonseka. La divisione più netta tra i due contendenti è il carattere della
Repubblica srilankese, che il capo dello Stato vuole mantenere presidenziale, mentre
il leader dell'opposizione ha promesso di trasformare in parlamentare. In occasione
del voto, l’arcivescovo di Colombo, mons. Malcom Ranjith, ha auspicato che
per il Paese possa iniziare un periodo di “vera pace e sviluppo“. Sull’importanza
di queste elezioni, ascoltiamo il presule, raggiunto telefonicamente nella capitale
dello Sri Lanka da Giada Aquilino:
R. – Lo Sri
Lanka è appena uscito da una situazione difficile, a causa di una guerra che è durata
circa 30 anni. Sarebbe un’occasione, un momento per riprendere il fiato e andare avanti
con lo sviluppo economico, la democrazia e l’integrazione di diverse comunità nella
vita del Paese. D. – Mons. Ranjith, lei ha auspicato soluzioni
politiche durature per il Nord e l’Est del Paese. Le vittime della guerra tra esercito
e Tigri Tamil sono quasi 100 mila: qual è la situazione? R.
– Si spera, dal lato della comunità di maggioranza, che la sostanziale identità del
Paese rimanga intatta, mentre dall’altra parte, quella delle minoranze, soprattutto
dei Tamil, che ci sia la possibilità di far sentire pure la loro voce nel Paese e
quindi avere anche la possibilità di governare nelle zone dove sono in maggioranza.
Per questo sarebbe necessario un tentativo coraggioso, da parte del vincitore, per
trovare una soluzione politica alla questione. D. – La sfida
è tra Rajapaksa e Fonseka: che Paese propongono? R. – Il presidente
attuale propone come soluzione il consolidamento del progresso che egli ha realizzato
in questi ultimi anni e poi punta a superare certi ostacoli che sono stati causati
dalla situazione precedente. Mentre l’altro candidato, Fonseka, propone un cambiamento
di direzione ed un nuovo inizio: in un certo senso, mira a una democratizzazione ancora
più forte del Paese. Quindi, tutti e due propongono la stessa cosa, ma in pratica
con due accenti diversi. Nel caso del presidente, egli vuole il rafforzamento delle
istituzioni democratiche all’interno di un concetto di unità assoluta del Paese, mentre
Fonseka auspica il rafforzamento delle strutture democratiche all’interno di una certa
varietà di vedute nel Paese. D. – Ma il voto dei Tamil dove
andrà? R. – Il partito alleato delle Tigri Tamil continua a
dire che appoggerà la candidatura di Fonseka, dell’opposizione. D.
– E il voto dei cattolici quale sarà? R. – Il voto dei cattolici
è veramente indipendente, in questa scelta. La Chiesa locale auspica un’elezione pacifica,
prima di tutto: senza incidenti né violenze. E d’altro canto la Chiesa vuole assicurare
che ci sia pace e tranquillità, progresso economico e poi anche l’unità del Paese,
in cui ci sia pure una certa diversità. D. – Il Papa tante volte
ha pregato per la situazione in Sri Lanka. Oggi che Paese è? R.
– Vuole essere – anche ricordando le indicazioni date dal Santo Padre - un Paese libero,
democratico, aperto e anche orgoglioso della sua identità nazionale. Io credo che
il Papa sia molto rispettato in questo Paese. Ho visto che entrambi i candidati auspicano
buoni rapporti con la Chiesa, non solo con quella locale ma anche con la Chiesa universale.