La Chiesa europea contro la povertà: intervista con mons. Merisi
Informare, sensibilizzare, mobilitare “perché di fronte alle povertà diffuse in Europa
non ci si rassegni, non si deleghi”, ma “si operi” per il loro “progressivo sradicamento”.
E’ l’obiettivo della campagna “Zero poverty” che Caritas Europa - il coordinamento
delle 48 Caritas nazionali del Vecchio Continente - lancerà il 27 gennaio al Parlamento
europeo a Bruxelles, in occasione dell’Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione
sociale. Alessandro Gisotti ha chiesto al vescovo di Lodi, Giuseppe Merisi,
presidente di Caritas italiana, di illustrare il significato di questa iniziativa:
R. – Il primo
lavoro sarà quello di riflettere, di pensare, avere chiarezza sulle situazioni interne
in Europa di povertà e, naturalmente, si parlerà anche di quello che l’Europa può
fare fuori dai confini del nostro continente, come in Africa e ad Haiti. Sono iniziative
per pensare, per riflettere, per conoscere, per entrare in contatto, attraverso gli
strumenti della comunicazione sociale, con le realtà e con le sacche di povertà e
di emarginazione che ci sono in Europa, le antiche povertà e le nuove povertà. D.
– In Europa, secondo gli ultimi dati, 23 milioni di persone vivono con soli 10 euro
al giorno. Una povertà che ovviamente ha spesso per conseguenza l’esclusione sociale.
Come intervenire su questo aspetto della povertà? R. – Io credo
che gli spazi siano diversi. C’è l’esigenza anzitutto di insistere sullo sviluppo
ordinato e sostenibile e sullo sviluppo economico. Nella strategia di Lisbona, qualche
anno fa, c’era l’invito a fare in modo che la diffusione del lavoro, i livelli occupazionali
fossero sostenibili rispetto a tutto ciò che la protezione sociale richiede, così
come quella ambientale e avessero un rilancio attraverso iniziative adeguate, iniziative
produttive, con attenzione alla solidarietà. Ripeto, ci sono antiche e nuove povertà:
tutte povertà a cui occorre guardare con iniziative che possono essere adeguatamente
studiate in ogni diocesi in modo che l’impegno di solidarietà tenga conto dell’esigenza
della sussidiarietà, coinvolgendo tutte le realtà anche nella società civile. C’è
l’esigenza che il dono, la gratuità e la fraternità abbiano un posto significativo
nel contesto di iniziative pubbliche e con la logica del mercato. D.
– L’economia timidamente sta uscendo dalla crisi, ma – avverte la Banca Centrale Europea
– cresce ancora la disoccupazione nel Vecchio Continente. E’ tempo di reinvestire
sulle risorse umane? R. – Sì, in questo contesto di crisi economica
e finanziaria, la prospettiva positiva che si intravede di uscita dalla crisi, lascerà
– e questo a detta di tutti gli osservatori – anche conseguenze negative sui livelli
occupazionali. Quindi anche quando saremo fuori dalla crisi, avremo problemi con i
posti di lavoro. Credo che questo richieda una maggiore attenzione, a partire dal
senso di rispetto per la dignità della persona. L’attenzione alla società civile e
la logica del dono nella società civile consentiranno anche a queste possibilità e
a queste risorse delle persone e delle loro iniziative di poter contribuire alla soluzione
dei problemi sociali generali della nostra società.