2010-01-22 15:01:31

I vescovi indiani: "no” alla discriminazione sociale dei dalit cristiani


Lavoro e istruzione devono essere un diritto e un’opportunità per tutti i cittadini indiani, senza discriminazioni e differenze di alcun genere: è quanto chiedono al governo i vescovi indiani, lamentando un sistema che invece penalizza soprattutto i dalit cristiani. In un comunicato inviato all’Agenzia Fides, la Conferenza Episcopale dell’India ha sollevato per l’ennesima volta una questione di giustizia sociale, deplorando la prassi di riservare privilegi nel campo del lavoro e dell’istruzione, sulla base dell’appartenenza a una comunità religiosa. Al contrario, dicono i vescovi, urge offrire ai dalit, cristiani e musulmani, pari opportunità d’istruzione e di accesso ai servizi sociali essenziali, per una fondamentale questione di diritti sociali ed economici, da garantire a tutti i cittadini indiani. La questione della parità dei diritti civili per le minoranze cristiane e musulmane, specialmente per i dalit, da anni costituisce un “cavallo di battaglia della Chiesa”: si chiede infatti l’abolizione di un Decreto presidenziale del 1950 che esclude i “fuori casta” convertiti al cristianesimo dalle quote riservate di posti di lavoro pubblici. La stessa norma – che colpisce anche quanti sono diventati musulmani – non vale per i dalit indù, buddisti o sikh. Nel dicembre 2009 la Commissione nazionale sulle minoranze religiose e linguistiche ha aperto una storica discussione sulla proposta di modifica di quella legge, ritenuta “iniqua e discriminatoria”: per la prima volta il tema è entrato nell’agenda di discussione dal Parlamento indiano. Secondo gli esperti, bisognerebbe svincolare del tutto lo status di fuori casta dalla religione e rendere la fascia sociale degli “Scheduled Castes” completamente indipendente dal fattore religioso, come già avviene per le “Scheduled Tribes”. (S.C.)







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