Trema ancora la terra ad Haiti. L'ombra della tratta sui bambini orfani
Sono state due le scosse registrate oggi ad Haiti, quando in Italia era già pomeriggio
avanzato, pari a 4.8 e 4.9 della grandi Richter. L’epicentro a circa 38 chilometri
dalla capitale Port-au-Prince, è stato localizzato a 10 chilometri di profondità.
Intanto dalle macerie i soccorritori continuano ad estrarre superstiti, e mentre continua
il dispiegamento di aiuti, il premier haitiano chiede di mettere fine alle polemiche.
Servizio di Francesca Sabatinelli:
Prosegue
dunque il lavoro delle numerose organizzazioni umanitarie. Uno dei punti di riferimento
per i feriti è l’ospedale pediatrico San Damien della Fondazione Francesca Rava. A
coordinare il personale medico è Giovanni de Siervo raggiunto telefonicamente
a Port-au-Prince da Gabriella Ceraso:
R. – I nostri
medici stanno operando per supportare le strutture sanitarie che erano già presenti
sul posto. C’è già una lunga fila di pazienti, che dovranno essere operati davanti
alle nostre tende. Ci sono moltissime infezioni e quindi i nostri medici, purtroppo,
hanno dovuto compiere numerose amputazioni o riduzioni di fratture, anche molto brutte.
D. – Quanti al giorno, più o meno, riuscite ad assistere? Chi sono?
R.
– Tra i 50 e gli 80 interventi al giorno. Abbiamo un team di venti persone, sanitari,
che lavorano a tempo pieno e quindi lavorano su più tavoli in contemporanea. Sicuramente
un alto numero di bambini, ma al tempo stesso anche i loro genitori e gli adulti.
D.
– Senta, come specialista, il suo impatto con questa realtà di Haiti...
R.
– E’ stato sicuramente molto forte, per la questione della mancanza del minimo supporto
cui noi siamo abituati. Inoltre, c’è da dire che oltre al governo locale, che ha risposto
come poteva, ma senza incidere molto, anche la missione delle Nazioni Unite avrebbe
potuto sostenere le operazioni di soccorso nella prima fase. Ma avendo perso gran
parte del proprio personale sotto le macerie ha avuto un momento di difficoltà.
D.
– Secondo la sua esperienza, quanto tempo ci vorrà per uscire dalla fase della primissima
emergenza?
R. – Ad oggi, le operazioni di ricerca e soccorso ormai stanno andando
verso il termine. Anche le operazioni medico-sanitarie avranno ancora una settimana
o due di lavoro molto intenso. Poi questo aspetto andrà a diminuire. A questo punto
diventa prioritario occuparsi dei bisogni primari della popolazione, che vive in aree
non attrezzate. E’ fondamentale dare tutto il sostegno possibile. In questi giorni
sono state mosse diverse critiche alla macchina dei soccorsi, non sempre in grado
di raggiungere le fasce più vulnerabili della popolazione come sottolinea, al microfono
di Lucas Duran, il responsabile delle associazioni di volontariato Ucodep e
Oxfam per America Centrale e Brasile, Francesco Torrigiani:
R. – Le critiche
riguardano soprattutto la modalità di distribuzione degli aiuti dagli aerei. La critica
è legata al fatto che lanciare dal cielo beni o medicinali facilita i più forti; di
fatto gli aiuti non arrivano ai più deboli o alle persone che ne hanno più bisogno,
perché questi non hanno modo di correre ed essere tra i primi. Ci sono, quindi, rischi
di accaparramenti e anche di mercato nero. Questa è la critica che Oxfam ha fatto
e continua a fare.
D. – Si è anche detto che prima della distribuzione era
importante mettere in sicurezza, per quanto possibile, le zone colpite dal terremoto.
E’ un aspetto che deve essere precisato, anche per rispetto alla dignità del popolo
haitiano, che altrimenti sembra essere accostato solo a casi di saccheggi e violenze...
R.
– Ricordiamo che gli indici di criminalità e i tassi di omicidio di Haiti sono, ad
esempio, per il 2009 quattro volte più bassi rispetto a quelli della vicina Repubblica
Dominicana, che pure è considerato un Paese relativamente tranquillo; sono poi otto
volte più bassi di quelli della Giamaica. Sgombriamo il campo da questi luoghi comuni
che vedono Haiti come un Paese particolarmente violento. E’ chiaro che il problema
della sicurezza in queste situazioni è particolarmente sensibile; ci sono state anche
evasioni di massa dalle carceri e questo è un problema, ma forse non è il principale.
Ci vuole attenzione, ma questo non impedisce di operare. Ad Haiti desta poi particolare
preoccupazione la situazione di migliaia di bambini rimasti orfani e senza protezione.
Occorrono azioni immediate come ribadisce Roberto Salvan direttore generale
Unicef Italia, intervistato da Amedeo Lomonaco:
R. – Bisogna
fare in modo che tutti i bambini che ora sono da soli e che non hanno più famiglia
o parenti, vengano in qualche modo riconosciuti; deve essere dato loro un nome, devono
essere messi in sicurezza e in luoghi protetti; successivamente, quando la situazione
sarà più tranquilla, si potrà ricongiungerli ai loro familiari ... se ancora ci sono.
D. – Molti bambini sono rimasti orfani e dunque sono privi non soltanto di
assistenza, ma anche di protezione. Quali sono i rischi cui possono andare incontro?
R.
– Ci sono già state segnalate dai nostri operatori sul campo persone che raccolgono
i bambini, senza riconoscerli e non fanno parte di organizzazioni o associazioni.
All’aeroporto di Haiti abbiamo anche assistito alla partenza di bambini non accompagnati
con aerei che andavano certamente all’estero. Noi vorremmo, insieme e d’accordo con
le altre organizzazioni, vigilare maggiormente su quelli che possono essere eventuali
rischi. I bambini rischiano di entrare in logiche di traffico. Prima del terremoto
c’erano centinaia di orfanotrofi non regolari e probabilmente molti di quei bambini
sono ora per strada - noi ne abbiamo identificate alcune migliaia – ed il rischio
di essere vittime di un turpe traffico è altissimo.
D. – In concreto quali
misure deve prendere - secondo l’Unicef - la Comunità internazionale per evitare in
questa drammatica situazione flagelli come adozioni irregolari, abusi sessuali, casi
di sfruttamento minorile e il traffico di organi?
R. – Tutti quanti i governi
che sono intervenuti in soccorso e in aiuto della popolazionie di Haiti devono essere
d’accordo con una presa di posizione forte nel proteggere tutti i bambini di Haiti.
Ma questa protezione deve essere garantita in Haiti; i bambini non devono essere portati
via in alcun modo e ad ognuno di loro si deve assicurare protezione.
D. –
Quale è il consiglio dell’Unicef per quanti hanno intenzione di adottare i bambini
di Haiti?
R. – Se le persone hanno già passato tutti i gradi per quanto riguarda
le adozioni internazionali, probabilmente l’adozione internazionale verrà orientata
verso i bambini haitiani. Ma questo, l’adozione internazionale dei bambini haitiani,
si potrà fare soltanto in un secondo momento. Molto probabilmente tra 3-4 mesi si
aprirà anche la possibilità di adottarli in modo definitivo. Per ora bisogna aspettare.